Amazon river: tra Peru Colombia e Brasile 2016
DIARIO
Amazon river 2016
La discesa del Rio delle Amazzoni
Tra Perù, Colombia e Brasile
11 agosto
Torino – Parigi – Lima – Iquitos. Torniamo ad occidente… Dopo la triste rinuncia dello scorso anno recuperiamo con gioia in questa estate 2016 il viaggio-sogno: la discesa del Rio delle Amazzoni. Dal Perù all’oceano, in Brasile. Che la foresta sia con noi. Il viaggio sarà difficile. Viaggeremo sul Grande Fiume solamente con barche del trasporto pubblico. Vietati i trasporti turistici! Ma partiamo dall’inizio…
Partenza
06:25 gio, 11 ago – Torino (Italia) – Caselle (TRN) – Air France – AF 1503 – CityJet
Arrivo
08:00 gio, 11 ago – Parigi (Francia) – Charles De Gaulle (CDG)
Terminal 2G – Modello di aereo – AR8 – Classe – Turistica
Coincidenza – Cambio aereo
Durata dello scalo: 6 ore 00 minuti
Partenza
14:00 gio, 11 ago – Parigi (Francia) – Charles De Gaulle (CDG)
Terminal 2F – Air France – AF 480 – Air France
Arrivo
19:20 gio, 11 ago – Lima (Perù) – J Chavez Intl (LIM)
Modello di aereo – 77W – Classe – Turistica
Coincidenza – Cambio aereo
Durata dello scalo: 2 ore 10 minuti
Partenza
21:30 gio, 11 ago – Lima (Perù) – J Chavez Intl (LIM)
Avvinca – AV 841 – Avianca
Arrivo
23:20 gio, 11 ago – Iquitos (Perù) – Cf Secada (IQT)
Modello di aereo – 320 – Classe – Turistica
Ecco… sull’ultimo step non ha funzionato… i nostri bagagli sono stati gli ultimi a presentarsi sul maledetto rullo. Ulcera, crisi isteriche, primo litigio causato anche dalla carenza di nicotina… persa la coincidenza. La compagnia ci ospita in Lima in un Hotel qualsiasi, ci offre la cena e si riparte domani. Naturalmente dopo ore di attesa…
Gli inizi difficili alla fine ci piacciono un sacco
12 agosto
Ieri sera la cena è stata un po’ così… meno male che la colazione oggi è stata un po’ così… comunque… un taxi pre pagato ci carica all’hotel e ci scarica all’aereoporto e siamo pronti per il nostro volo per Iquitos. Lift off… Landing…
Atterriamo nella città sperduta nella foresta. Solo via cielo e via fiume si arriva qui. Le strade si perdono a pochi chilometri fuori dalla periferia. Affascinante. Recuperiamo gli zaini e ci aspettano le mitiche “apecar” che a centinaia di migliaia invadono la città. Quasi no auto. Apecar e camion. In mezzo poco altro… pedoni, moto e biciclette. E noi.
Il nostro “apecarista” ci porta fino al b&b di Xavier. Tra fiumi di altre apecar e percorrendo un ultimo tratto super accidentato, di terra e fango, di dislivello verso il basso che pare un abisso. Conosciamo Xavier, catalano trasferito qui da anni, la sua compagna, il figlio Franck, il cane Juna e i gatti sciancati.
Il posto è un’oasi. Scarichiamo l’armadio/zaino, giriamo per il giardino, incontriamo la guida per il tour dei giorni a venire e contrattiamo/concludiamo, usciamo per fare un primo giro della città, ci beviamo una birra fronte Rio e compriamo del cibo che ci cuciniamo da noi a “casa” per cena. Brillando come un 5 stelle Michelin rispetto alla cena degli altri. Eheh, la classe non è acqua… domani si parte per la foresta e il fiume…primo step…
13 agosto
Al mattino salutiamo Xavier e famiglia e bestie varie e ci facciamo portare dalla solita apecar alla base del Maniti Tour. Il nostro giro in foresta e fiume dei prossimi giorni raduna noi e un adolescente giapponese che si presenta con un trolley gigantesco e rosa… e non abbiamo preso acidi… si parte.
Apecar fino al porto e poi finalmente ci imbarchiamo su una piccola lancia che per ore ci transita sul fiume. Non bisogna fare nulla, solo star seduti e guardare la meraviglia che ci corre accanto. Arriviamo al “Maniti Lodge”: nel senso che ad un certo punto la lancia si avvicina alla riva, in un punto per noi qualsiasi, e lega le corde ad un piccolo pontile di legno. Si scende, zaini in spalla, e si cammina nella foresta. Caldo, insetti, ponticelli sospesi… poi si arriva in una specie di radura dove ci sono dei bungalow basic per dormire e due grossi bungalow-base per mangiare e riposarsi in comunità.
Durante il tragitto fino a qui abbiamo fatto uno stop in un posto assurdo pieno di animali e vegetali, ma che alla fine pareva un piccolo “zoo” nella foresta. Gasp… si può sempre essere tristi e delusi anche dall’altra parte del globo. Ci assegnano il nostro bungalow, davvero basic, e nel pomeriggio rifacciamo la camminata fino al fiume e, con la lancia, percorriamo un po’ di chilometri sull’acqua per approdare a quella che chiamano la Isla de los monos.
E’ nel pomeriggio e, nonostante la verità della foresta e del fiume che ci circondano, l’approdo sa un po’ di turistico. Purtroppo l’accessibilità globale nasconde sempre di più i posti veri. Ma bisogna anche saper scindere e apprezzare, separando ciò che vedono davvero i tuoi occhi e quello che il tour locale vuol farti vedere.
A seguire: nuovo tragitto in lancia, nuovo tragitto a piedi in foresta, doccia acrobatica e molto basic, cena nello spazio comune. Con il buio ci aspetta una camminata notturna in foresta. Infiliamo gli stivali di gomma, inforchiamo la pila frontale. Aarghhhh… se la accendi, di notte, il fascio di luce evidenzia il nugolo di insetti misti che ti sfarfallano intorno… se la spegni rischi di pestare un ragno grosso come un topo o un serpente. Non sapendo che decidere accendiamo e spegniamo a intermittenza… tipo S.O.S.
Torniamo vivi dal trekking notturno in foresta e fumiamo l’ultima sigaretta davanti alla porta del giaciglio, nel buio più assoluto dell’Amazzonia, con fruscii e rumori e grida di animali sconosciuti intorno a noi, con il nero puntellato di stelle sopra la testa: è il momento davvero imperdibile di questo 13 agosto. Per cui ne è valsa la pena. Comunque. Anche se siamo perseguitati da un giapponese col trolley rosa.
14 agosto
La notte scorre. Il bungalow è davvero basic ed è quindi come piace a noi. Materasso sfondato, la nostra zanzariera montata come possibile, i vestiti buttati a caso per cercare di asciugare combattendo con una umidità del 99%…. Mutande ai chiodi, calzini sui fili, magliettesui bordi delle finestre… La notte passa tra mille suoni di foresta. Si può dormire o ascoltare. Facciamo a turno.
Sveglia all’alba, colazione. Il caldo è già torrido. Ripartiamo a piedi verso il fiume e ci imbarchiamo sulla nostra solita piccola lancia. Raggiungiamo un altro approdo e dopo un po’ di cammino arriviamo ad un “avamposto” di un villaggio indio. Ecco, questo, se possibile, è la cosa più triste di tutto il viaggio. Glisso…
Sopravviviamo alla tristezza. Nuovo cammino. Nuova lancia, nuovo fiume. Nuovo cammino di ritorno. caldo, caldo caldo… Non so come accettiamo la proposta del giro del pomeriggio. Ci trascinano sul fiume per cercare di pescare i piranha. Perfetto. Io guardo per tutto il tempo l’acqua cercando di allontanare i pesci con la telepatia. Cerco solo lo sguardo sul fiume. Ritorniamo. Sera: cena e gran caldo. Caldo. Tanto caldo. Caldissimo.Umido e caldo. Notte…
15 agosto
Questa mattina ci svegliamo ancora nel buio. Con le pile frontali attraversiamo il tratto di foresta fino alla riva del fiume. sono le 5.00 am e ci aspetta una magica alba sul fiume. Prendiamo la barca e ci spostiamo di qualche chilometro. Lentamente dal buio comincia a diffondersi una luce all’orizzonte e poi il sole nasce maestoso dall’acqua davanti ai nostri occhi.
Riusciamo anche a percepire la trasformazione dei suoni della foresta attorno a noi: i molteplici versi degli animali notturni che lentamente si acquietano per lasciare posto a quelli degli animali del giorno. Intorno vediamo emergere velocemente dall’acqua, e poi inabissarsi, le pinne dei delfini di fiume. Bellissimo. Torniamo all’approdo, un po’ di cammino e poi colazione.
Dedichiamo la mattinata ad un trekking nel vicino villaggio e in mezzo alla foresta poi è ora di tornare, impacchettare gli stracci umidi negli zaini, raggiungere la barca e navigare per qualche ora di ritorno ad Iquitos. La nostra base è sempre casa di Xavier. Prima di rientrare organizziamo ed acquistiamo il passaggio in barca che ci porterà dopodomani alla frontiera tra Perù, Colombia e Brasile. Optiamo per una barca veloce (12 ore circa…) per guadagnare giorni. Il viaggio lento inizierà dal crocevia di tre nazioni. Da lì all’oceano vietato correre… Al nostro rientro ci facciamo un po’ di chiacchiere e di riposo sotto il patio, ci inventiamo una cena e poi a nanna.
16 agosto
Oggi abbiamo tutta una giornata a nostra disposizione ad Iquitos. Ci svegliamo per una volta con calma e ci beviamo i nostri innumerevoli caffè sotto il patio: eh, sì… la nostra moka con il barattolo di caffè ci ha seguiti Abbiamo deciso di dedicare la mattinata alla visita al Manatee Rescue Center poco fuori città (Manate = Lamantini). Ci mettiamo sul ciglio della strada e saltiamo sulla prima Apecar disponibile che ci scarica davanti alla piccola riserva naturale. Il giro è bello, i volontari del Centro sono giovani davvero motivati ed attivi. Il bel parco ospita progetti di conservazione, protezione e recupero di tartarughe, scimmie, serpenti, uccelli e principalmente dei dolci e timidi lamantini.
I lamantini sono mammiferi acquatici di grandi dimensioni appartenenti al genere Trichechus (da non confondere con il tricheco, Odobenus rosmarus), a volte noti col nome di mucca del mare, pesce bue o porcello di mare. La parte a loro dedicata ci permette di incontrare alcuni animali adulti e una nursery di piccoli appena salvati che ancora devono essere allattati. L’esperienza è piccola, ma bella e toccante. Torniamo in città e dedichiamo il pomeriggio a zonzo per strade, vie e lungo il Rio. Per respirare l’atmosfera, per catturare con gli occhi tutti gli istanti possibili. Decidiamo di cenare lungo il fiume e quando ancora non sono le otto di sera rientriamo da Xavier. Dobbiamo fare doccia e zaini ora: domani la nostra lancia parte alle 4.00 am, la sveglia è alle 3.00…
17 agosto
La sveglia suona nel cuore della notte amazzonica, prevedendo e calcolando i dieci minuti di anticipo che ci servono per fare una moka e poi farla raffreddare di modo da poterla ritirare nello zaino. Dopo averla svuotata.E fumare. Abbiamo una specie di appuntamento con l’ennesima apecar sul ciglio della strada principale (che raggiungiamo con zaini in spalla camminando a piedi per una strada verticale di terra e piena di buche nel buio più totale). Arriviamo al porto e ingrossiamo un gruppo di viaggiatori locali con scatoloni, borse, bambini, valigie, nonni e pacchi vari. In effetti di turisti non c’è ombra. Meno male. In fila, nel cortile del porto, ci presentiamo uno alla volta ad un tavolino da campeggio dove ci controllano biglietti e documenti. Poi ci trasciniamo verso il fiume dove, con traballanti passerelle di legno, saliamo sula lancia. Che naturalmente parte con più di un’ora di ritardo.
Lentamente si passa alla luce e la barca veloce sfreccia sul fiume. Lo spazio a bordo è esiguo, è come un bus ma sull’acqua. Ci sono addirittura schermi che trasmettono improbabili film di serie Z ad un volume inaudito… (quello che mi è rimasto più impresso è l’orrendo Sand shark!, una storia splatter e inaudita di squali assassini che vivono nella sabbia… doppiato in spagnolo). Le ore passano e, come previsto, arriva l’intoppo. La lancia, con un brusco stop, si incaglia su una secca di sabbia… ci vuole almeno un’ora per riuscire a ripartire, dopo che la ciurma è riuscita faticosamente a disincastrare i motori dal fondale…
Arriviamo a Santa Rosa, il confine peruviano. Sbarchiamo e veniamo assaltati da motorette locali che ci devono portare in paese per passare dal posto di polizia che deve timbrarci il visto di uscita dal Perù. Santa Rosa è davvero uno dei confini più poveri e scalcagnati che abbiamo mai visto ma ha incredibilmente una sua anima e atmosfera. Dopo il timbro in un ufficio di polizia quantomeno ambiguo (mantenere il profilo sempre molto basso in questi posti e dire sempre sì…), la motoretta ci riporta al porto e cerca di estorcerci una cifra inaudita. Alziamo la voce e litighiamo e per fortuna la spuntiamo senza venire alle mani…
Ci imbarchiamo su una e vera e propria canoa con motore insieme ad una famigliola locale e attraversiamo il fiume in poco più di venti minuti: approdiamo a Leticia, Colombia… Il piccolo paese di frontiera è molto vivo. Altro passaggio su tre ruote e raggiungiamo la Guest House che abbiamo prenotato ieri: Casa de las Palmas. E’ posizionata un po’ fuori dal centro del paese, proprio di fianco al carcere (beh, la polizia almeno non manca…). Il posto è molto carino, gestito da ragazzi locali. Le stanze sono davvero basic ma gli spazi comuni (compreso un bel giardino e una piscina) ripagano del resto. L’atmosfera è molto fricchettona e easy: ci piace. Cani e gatti vagano, un pappagallo ferito si è rifugiato su una palma in giardino e viene nutrito dai ragazzi che gestiscono l’hostal. Ci piazziamo e facciamo un giro. Decidiamo di mangiare in un posto qualsiasi e poi rientriamo. Tuffo nella pozza e poi a dormire. Domani si vedrà.
18 agosto
Ci svegliamo con calma e abusiamo dei nostri caffè. Furbi come delle volpi – qui è necessario o soccombi – sappiamo che ieri abbiamo attraversato illegalmente un confine visto che non c’era nessun posto di frontiera sul fiume e quindi, con i nostri piedi, raggiungiamo l’aeroporto di Leticia per farci mettere il timbro di ingresso in Colombia. Mai dimenticarsi di questi “dettagli”… spesso le regole non sono chiare proprio per coglierti in fallo e farti multe e spaventi significativi… Dedichiamo quasi tutto il resto della giornata ad una lunga camminata per Leticia che ci porta fino in Brasile: incredibilmente in questo piccolo angolo di mondo si incrociano sul fiume tre piccole città di tre paesi diversi: Santa Rosa (Perù), Leticia (Colombia), Tabatinga (Brasile).
E’ un po’ come una zona franca: infatti attraversiamo a piedi il confine con il Brasile senza nessun controllo. Il caldo è torrido, e a Tabatinga la lunga strada, brutta ad onor del vero, già in Brasile, si sviluppa in una teoria di negozi e officine e locande e case scassate. Con grande fatica e sudore cerchiamo di capire come acquistare i biglietti di dopo domani con la prima barca lenta e locale che comincia a scendere il Rio. Niente. Nessuno sa niente. Noi men che meno. Decidiamo di pensarci domani. Evviva l’incognito futuro… Ripercorriamo a piedi la strada assolata e, grondanti, rientriamo in hostal. Tuffo nella pozza piena di libellule e insetti e ripartiamo per il paese. Ripartiamo in missione, rientriamo in Brasile e questa volta, meglio preparati, raggiungiamo un piccolo porto dove riusciamo ad acquistare i biglietti della barca di dopo domani. Evviva!
Al ritorno ci fermiamo sulla piazza centrale di Leticia dove, dalle sei di sera in avanti, assistiamo allo spettacolo dei “loro” (pappagalli) che tornano a centinaia di migliaia a dormire sugli alberi sicuri del paese, abbandonando la foresta (che riguadagnano ogni mattina). Uno spettacolo unico, incredibile. Rimando agli estratti di video che pubblicheremo presto… Sulla strada per l’hostal decidiamo di comprare in un market gli ingredienti per la cena. Se a casa i market mi fanno schifo, nel resto del mondo sono sempre una tappa interessante per conoscere e capire usi e costumi. E schifezze locali… All’uscita veniamo investiti da un temporale di tipo B alla seconda. Ci tocca aspettare una mezz’ora per poter anche solo acchiappare al volo una motoretta stile apecar che ci riporti a “casa”. Fradici. Arriviamo, ci tuffiamo nella pozza, ci docciamo, cuciniamo, ci mettiamo sul patio ad ammirare lo spettacolo del diluvio, che nel frattempo a ripreso a scrosciare. La stradina è un fiume, l’umidità a mille, vicino ai piedi vari gatti e Chupita, la cagnetta de Las Palmas…
19 agosto
Ieri sera, cenando ad un tavolo comune, ci siamo uniti ad una proposta di tour in foresta aggiungendoci a tre colombiani (Carlos, sua mamma e… sua sorella? Boh…). Il prezzo è buono, il desiderio di esplorare non manca e la giornata va ottimizzata. Dopo la colazione ci imbarchiamo su due motorette verso il punto di partenza del trekking, muniti di stivali di gomma per la fanghiglia che ci aspetta, gentilmente forniti dal’ hostal. Viaggiamo per più di un’ora sulle motorette, col vento sferzante addosso e le buche sotto il culo, e approdiamo in un punto qualsiasi della strada, che sarebbe la partenza per il tour.
Da lì in poi ci sono solo i nostri piedi e cominciamo a camminare: prima tra case e fattorie e piantagioni, poi sempre più nella foresta selvatica; per poi approdare ad un primo, poverissimo villaggio. Qui conosciamo persone locali e impariamo come si producono tessuti dalle cortecce delle piante. A vederlo con i propri occhi è una pratica lunga e faticosa. Noi davvero non sappiamo più cosa vuole dire far fatica. Fatica vera. E cosa significa avere pazienza. Pazienza vera. Grazie. Lasciamo il primo villaggio e ripartiamo per un giro nella foresta più intricata. Caldo, insetti, fiori, alberi caduti , passaggi su tronchi poggiati sull’acqua, fatica e sudore. Ripagati da rumori, profumi e silenzi del verde selvaggio che ci avvolge.
Approdiamo al secondo villaggio e facciamo tappa. Qui, come prima cosa, impariamo come si tosta la farina di Iucca. Anche qui: pratica lunga e faticosa. Anche qui: non sappiamo più cosa vuole dire far fatica. Fatica vera. E cosa significa avere pazienza. Pazienza vera. Con l’aggiunta del calore del fuoco che a queste latitudini potrebbe uccidere. Qui impariamo anche che qualche associazione locale ha lavorato seriamente e sta provando ad introdurre piccoli “upgrade” sulla struttura delle fornaci di tostatura per rendere meno micidiale la pratica. Piccoli semi, in un piccolo luogo, in un grande mondo. Queste sono le cose che possono fare davvero la differenza. Se restiamo umani.
Ci piazziamo sotto una tettoia di paglia e tutti i bambini e le donne del villaggio sono con noi. Prima di mangiare il pranzo facciamo un allungo sul piccolo rio che costeggia il villaggio. Dieci minuti a piedi ed arriviamo in un piccolo paradiso. Naturalmente seguiti dal solito sciame di bambini che non vede l’ora di fare un po’ di “sano casino” con noi. Il luogo è magnifico: un’ansa del piccolo fiume, sponde di terra argillosa, acqua fresca che ristora dal caldo torrido. Canoe vanno e vengono. Ci ristoriamo dentro e fuori dall’acqua svariate volte, facciamo la “guerra” di polpette di fango coi bimbi e, marci fino alle mutande, (il bagno non era previsto e non abbiamo un cambio) ritorniamo alla tettoia.
Qui le donne ci portano cibo semplice: iucca, carne di volatile per chi la mangia, zuppa. Poi passiamo due ore a farci insegnare come si intrecciano le corde ottenute dalle piante della foresta per fare braccialetti e collane. Compriamo naturalmente qualche prodotto locale e ripartiamo per raggiungere il ciglio della strada lasciato la mattina. Lì aspettiamo svariato tempo (una motoretta si è persa, chissà dove e perché…).
Lungo tragitto di ritorno col vento addosso, più fastidioso dell’andata: noi ora siamo bagnati, infangati, puzzolenti. Rientriamo a Casa de las Palmas, ci scrostiamo il primo fango con una prima doccia, il secondo con un tuffo nella piscina – pozza – accarezziamo cani, grattiamo gatti, ci cuciniamo una cena con i resti degli acquisti del giorno precedente per svuotare il frigo comune. Domani si parte… Una sigaretta sotto le stelle. Il “loro” ferito sulla palma in giardino viene visitato dai parenti al tramonto, prima di andare a dormire sugli alberi della piazza, e risalutato all’alba dagli stessi parenti pennuti, prima di ritornare in foresta. Eravamo presenti. Abbiamo assistito. Posso testimoniare…
20 agosto
Dunque: due giorni fa, oramai, siamo riusciti – non so come – a trovare il porto per acquistare i biglietti della barca che comincia a discendere il Grande Fiume. Oggi, prima della partenza, ci aspetta in ordine: l’abbandono del porto sicuro, Casa de las Palmas, la via crucis del tornare all’aeroporto di Leticia per farci timbrare l’uscita dalla Colombia (poliziotto simpatico ma… lentissimo), la motoretta per arrivare a metà circa della lunga strada che unisce Leticia/Colombia e Tabatinga/Brasile per passare dal poliziotto successivo che ci stampa l’ingresso in Brasile (il luogo è anonimo e ben nascosto, per fottere i turisti superficiali, il poliziotto efficiente ma meno simpatico, con tanto di occhiali a specchio…).
Arriviamo al porto. Ci aspetta una lunga attesa e un successivo controllo con cani anti droga che ci annusano fin nelle mutande. Poi ci aspetta la “corsa” per arrivare tra i primi sulla barca e guadagnare una piccola porzione di pontile aperto sulla barca che non sia delle peggiori. Siamo bravi. Ce la facciamo a fare tutto. Comincia l’avventura lenta, sul fiume lento, sulle amache dondolanti. Che montiamo per la prima volta senza dare troppo nell’occhio… La prima notte ci aspetta. Quale sarà la sua sfida imprevista?
21 agosto
La notte è passata. Indenne. Dondolando sulle amache, per fortuna con zanzariera incorporata vista la moltitudine entomologica della zona. Ecco… ora siamo partiti davvero per la parte del viaggio che sognavamo da anni. Lento. Inesorabile. Monotono, quando sei qui. Incredibile quando lo hai sognato e ora che lo ricordi. La barca è un cassone di metallo pieno di gente. Gente come te. Persone. Famiglie, bambini, lavoratori in transito. Merci, tante, varie… Turisti… pochi. Ci ritroviamo sempre più, e sempre solo noi, con qualche “giovane” – quasi sempre europeo – e mai italiano. Ci va bene così.
Eccezione: conosciamo Gabriele, ragazzo italiano che viaggia e lavora qui da un anno almeno, architetto. Poi conosciamo una coppia fusissima di colombiani che lavora in Brasile per campare (Renè e Carmen) , un giovanissimo ragazzo israeliano che vive e lavora sulle barche per viaggiare il mondo (Iam) … già la prima sera è una fucina di sollecitazioni. Il prot prot prot lento della barca ci aiuta a trovare un senso. Parole, storie, cielo stellato, qualche birra, sigarette. Umanità che si mette il pigiama Sempre in barca. Si lava i denti in cessi comuni un po’ così… Poi anche noi… Sempre sul Grande Fiume. Siamo noi, sul Rio delle Amazzoni, noi…
22 agosto
La notte sul fiume scorre incredibilmente tranquilla. Nonostante le centinaia di persone sulle amache intorno a noi con le quali fare lotta per spostare teste, piedi, braccia, gambe, che nel rivoltarsi comune del sonno ti finiscono in testa. Nonostante, anche se siamo all’aria aperta, la cacofonia del russare collettivo sovrasti il rumore dell’acqua. Siamo protetti dai milioni di insetti dalla nostra amaca 2.0 con zanzariera incorporata, abbiamo scoperto come ci si sdraia dentro per dormire comodi (non per lungo, per traverso!). Il battello fa qualche tappa durante la notte: porti minimi, sconosciuti ai più. A noi per primi. Alla luce delle lampade le merci scendono e salgono dalla barca: sacchi di riso, banane, lime, motorini, valigie, casse, cartoni…
Poi arriva l’alba e comincia la nostra lunga seconda giornata di navigazione. Una moda di nascosto, la prima sigaretta e poi in cambusa per fare la fila a prendere il caffè beverone dalle cucine comuni. Dopo una sola giornata abbiamo già degli amici da rincontrare per cui le chiacchiere non mancano: un po’ con Gabriele, un po’ con Renè e Carmen, un po’ con Iam. Conosciamo una coppia di ragazzi francesi che hanno lasciato il lavoro e stanno viaggiando da oramai 8 mesi, scambiamo parole con tante persone locali che viaggiano per lavoro, per questioni di famiglia. Sperimentiamo tutte le lingue: inglese, spagnolo, francese e un primo accidentato portoghese/brasiliano… una vera scuola gratuita. La giornata trascorre tra caffè, birre, meditazioni sul pontile ad osservare la riva che scorre con la sua vita quotidiana, riposi in amaca a leggere pagine di libri, parole e silenzi. La barca è purtroppo abitata anche da un gruppo di missionari laici italiani: pieni di buone intenzioni per carità, ma visti da fuori sempre fuori contesto, intruppati e ridicolmente ematici… non è cattiveria, sono i commenti che captiamo dai locali… gasp!
Verso il tramonto la ciurma ha un po’ di tempo per una pausa e l’abitudine, su queste barche, è una partita di pallone! Eh, Brasil… aAnche sulla barca c’è un campetto, attrezzato con le reti di modo che il pallone non finisca nel fiume. I ragazzi giocano a piedi scalzi sul pontile di metallo, procurandosi abrasioni di terzo grado, ma paiono molto felici. Noi facciamo il tifo sugli “spalti”. Cena arrangiata e poi ci godiamo l’inizio della notte sul fiume: stelle, luna, rumore dell’acqua che scorre, migliaia di insetti, alcuni di forma scarafaggio,che si schiantano sulla barca. Sarà il primo lavoro di domattina per la ciurma: scopare via il tappeto di cadaveri insettiformi… wow. Una doccia nei “bagni” della barca (cesso, lavandino e doccia in tre metri quadri, tutto insieme) ed è ora di ritirarsi a dondolare in amaca. Buona notte Amazzonia.
23 agosto
Al mattino presto arriviamo a Manaus, e qui sbarchiamo. La prossima barca per la discesa del Rio delle Amazzoni la recupereremo tra qualche giorno. Ancora non siamo sicuri del quando. Improvvisiamo. Lo sbarco è, come si può imaginare, lungo e accidentato. Smontiamo le amache, ricomponiamo gli zaini e, quando la barca attracca al porto, ci mettiamo in coda con altre decine e decine di persone, in coda allo sbarco merci. Contrattiamo un taxi qualsiasi e ci facciamo portare al b&b che abbiamo trovato e prenotato pochi giorni fa via internet. Dal finestrino rubiamo e memorizziamo qualche fotografia mentale della città persa nella foresta…
Arriviamo a casa di Manuel, professore universitario e ingegnere forestale. Mezza età – beh, come noi – molto ospitale, discretamente pazzo ma molto simpatico, oltre che estremamente acculturato, intelligente e spiritoso. Ci mostra la stanza (basic ma perfetta per noi, montiamo la zanzariera e facciamo due chiacchiere con lui sul patio. Ci aiuta con il contatto di una guida locale che ci può proporre un tour in foresta per i giorni a venire. Lo chiama e fissiamo un appuntamento per domani nel pomeriggio.
La nostra lunga e bella chiacchierata con il padrone di casa prosegue tra un caffè e svariate sigarette e poi noi ci dedichiamo ad una lavatrice (gentilmente offerta da Manuel, che sogno…) e successivo “stendaggio” in cortile, ad una lunga passeggiata a piedi dai sobborghi al centro della città, ad una birra fresca sulla piazza centrale, proprio sotto il Teatro Amazonas, ad un ritorno a piedi verso i sobborghi, all’acquisto in un minimarket degli ingredienti per la cena, alla preparazione della cena, al consumo della cena. Poi al caffè, alle sigarette della buonanotte, in compagnia di Indio e Madonna, i due gatti di Manuel. Domani si parte, verso l’interno della foresta. Boa noite…
24 agosto
Dopo una buona dormita, la colazione e un po’ di ricerche su internet (approfittando del wi-fi di Manuel) per organizzarci i giorni a venire incontriamo a casa la guida che ci ha contattato il nostro padrone di casa per organizzarci il tour dei prossimi due giorni. Conosciamo così Louiz, ex militare, ora guida turistica. Affabile, simpatico, preparatissimo. Ci convince. Decidiamo insieme che fare da domani in poi, contrattiamo il prezzo e ci congediamo. La fine della mattinata e l’inizio del pomeriggio lo dedichiamo ancora ad un giro per Manaus. A zonzo, senza meta, come ci piace per respirare davvero quel poco che ci è concesso di respirare in passaggi così brevi in luoghi lontani e sconosciuti.
Una via qualsiasi, l’incrocio con studenti che passano in gruppo al ritorno da scuola, certe case solo sfiorate che avrebbero una vita da raccontare, luci, ombre, traffico, semafori… Ritorniamo sulla piazza del Teatro Amazonas, ci godiamo un po’ di riposo e mirador e rientriamo a casa. Oggi è il compleanno di Sigfrido e Louiz, come primo gesto per guadagnarsi la fiducia nel tour dei prossimi giorni, ci viene a prendere e ci porta in una churrascaria (Buffalo grill!) a suo dire super chic… beh, ai nostri occhi non appare tale… ma il cibo è tanto, buono, il prezzo è ok ed è l’ennesima cartolina ricordo di un compleanno “strano”che cade alla fine di agosto e che da anni celebriamo insieme in giro per il mondo. Va bene così! Taxi per il ritorno e a nanna. Domani si riparte per la foresta. Happy Birthday!
25 agosto
Arriva il mattino. Gli zaini sono pronti. Colazione e attesa. Abbiamo optato per un tour tra il Rio Negro e il Rio Preto. Quello che non abbiamo capito, e che scopriremo a breve, è che per il primo giorno e 1/2 sul Rio Negro non saremo con Luiz ma appioppati ad un altro gruppo. Sconosciuto. Lo scopriremo nelle prossime ore. Luiz arriva, ci carica, salutiamo Manuel, viaggiamo per un po’ per la città e poi veniamo scaricati nel parcheggio di un supermercato dove un ragazzo non ben identificato ci carica in auto. Con lui, quasi muto (ma probabilmente è solo la difficoltà della lingua) arriviamo dopo quasi due ore sulla riva di un fiume e lì scopriamo che abbiamo altri cinque compagni di viaggio.
Partenza per tour. La barca comincia a percorrere il fiume tra alberi sommersi e villaggi allagati. Ci sono case di legno, come palafitte, alcune abitate, altre abbandonate. L’odore dell’acqua, la foresta intorno, bilanciano la sensazione di essere con una compagnia pessima. Vedremo… Attracchiamo tra le fronde e camminiamo verso il nostro hostal in foresta. Il posto è bello, con qualche se e qualche ma… i piccoli bungalow che ci assegnano sono fatti comunque di cemento e capiamo in secondi due che, visto il caldo inaudito, sono e saranno dei piccoli forni ad energia solare. Dopo qualche ora di assestamento scopriamo che il gruppo offre alcuni giri sul fiume che abbiamo già fatto nei giorni scorsi (ad esempio la pesca dei piranha… ahhhhh). Decidiamo per il no, grazie e questa è la nostra fortuna.
Dopo un po’ che tutti gli altri son partiti, che noi abbiamo bighellonato nei dintorni, ci siamo tuffati in una pozza-piscina piena di insetti morti (ma goduriosamente refrigerante), ci troviamo nel patio comune con un altro ospite come noi, un ragazzo francese, che ha come noi saltato il tour schedato. Nel piccolo nulla di questo luogo uno dei ragazzi dell’ostar ci offre un giro in canoa a remi sul fiume. Ecco, basta aspettare, dire dei no e le cose belle arrivano. Ci imbarchiamo e navighiamo, senza motore finalmente, tra piccole anse del Rio Negro, tra vegetazione folta, uccelli, pesci, profumi e rumori di Amazzonia vera.
Quando si sceglie la cosa giusta non c’è neppure bisogno di dirsi nulla: riusciamo a restare tutti e quattro in silenzio, ad osservare, scattare foto, godere di ciò che Pacha Mama ci offre. Arriviamoverso il tramonto, ritornando verso la base, ad una piccola ansa sul fiume. Leghiamo la canoa ad un ramo e restiamo muti fino al tramonto. Quando il buio ci avvolge rientriamo alla base. Tuffo nella pozza, doccia, birra e sigarette sul patio di legno. Arriva “il groppone” del tour: vocianti, fastidiosi, irritanti… vabbè, sembrerà presunzione, ma non lo è… buona cena e poi ci ritiriamo nel forno caricato dal sole durante il giorno.
26 agosto
Ecco, nonostante la nostra zanzariera montata, gli zampironi accesi, i litri di deet di marche varie spruzzati addosso, la notte scorre orrenda per caldo e insetti. Che non si vedono nel buio ma ci sono. Bastardi… infatti nel giaciglio sudato, quasi un sudario, ad un certo punto sento una puntura sospetta – puntura di ragno?!, boh vedrò domani… non voglio sapere. Il domani arriva ed in effetti mi sveglio con un piede gonfio come quello di un porco. Morto. La puntura mi prude, mi duole e mi brucia. In alternanza. Faccio finta di niente. Sono viva. Penso sia stato un ragno. Ma qui chissà che altri insetti alternativi ci sono… Questa mattina ci aspetta un giro in barca, un trekking nella foresta, un bagno nel fiume con i delfini rosa… soprassediamo. Infilerò il piede a zampogna a forza nella scarpa destra e via…
Colazione e poi si parte. La barca lascia la riva ed approda qualche chilometro dopo ad un’altra riva. Sbarchiamo nell’acqua e ci addentriamo a piedi dalla spiaggia fluviale verso la foresta. Anche di primo mattino il caldo è già insopportabile, ma lo sopportiamo. Il giro è molto bello. Sentieri, piante sconosciute, radure, insetti sconosciuti. Quasi non ci riconosciamo più neanche noi… Al ritorno ci tuffiamo nel fiume per un bagno improvvisato. Il caldo che abbiamo vissuto è indescrivibile: umidità, formiche, insetti volanti, bruchi, versi di uccelli mai sentiti, silenzi improvvisi, foresta intricata, pause di parole sommesse, sudore, fatica, terra, fango…
Dopo il refrigerante bagno nel fiume riprendiamo la barca e, sul tragitto del ritorno, facciamo pausa ad una palafitta sul fiume che ci riserva un incontro e un bagno con i delfini rosa. Certo, oramai si sono abituati a cretini come noi che attraversano i continenti per sguazzare con loro ma questo non cancella del tutto l’emozione. Rientriamo alla base, tuffo nella pozza detta “piscina”, in realtà bagnomaria di insetti morti (io ne salvo qualcuno), ricompattamento degli zaini e poi camminata verso la nostra barca, tragitto sul fiume, attesa (eterna…) dell’auto che ci riporta in città.
Approdiamo, infangati e umidi, all’Hostal di Louiz e Andreina, la sua compagna. Scarichiamo i fardelli in stanza, doccia e poi qualche ora con loro sul patio a parlare di cosa faremo domani, a farmi curare il piede, oramai gonfio come un pallone, con pomate locali, e a giocare con la piccola cagnetta Aphrodite. Siamo esausti. Nanna. La cena non c’è. Ci nutriamo di qualche minimo genere di conforto offerto da Andreina durante le chiacchiere. Meglio dormire. Col piede a pallone.
27 agosto
Ci svegliamo presto come d’abitudine. Siamo i primi in piedi e la nostra moka ci viene in aiuto. Quando anche gli altri si alzano facciamo la nostra solita abbondante colazione da viaggio: chissà quando si mangerà nuovamente… lasciamo parte del bagaglio qui (torneremo) e prepariamo un bagaglio più leggero per la due giorni tra fiume e foresta. Il piede è ancora molto gonfio e dolorante ma ho fiducia. Che inguaribile ottimista… Carichiamo zaini e alcune provviste in auto, salutiamo Aphrodite, cerchiamo di non schiacciarla con la macchina e partiamo con Louiz e Andreina: destinazione Rio Preto da Eva.
Facciamo una prima tappa in città ad un market per comprare un po’ di altri generi di conforto vari, una tappa al porto per l’acquisto dei nostri biglietti barca dei giorni a venire per proseguire la discesa sul fiume in autonomia e lasciamo Manaus. La strada è a tratti perfetta, a tratti accidentata. Il panorama scorre dai finestrini sempre nuovo e affascinante. Dopo quasi due ore di viaggio e di chiacchiere arriviamo ad un piccolo paese sul fiume. Piccolo ma vivo e bello. Qui compriamo ancora frutta varia e verdure al mercato, ci prendiamo un buon caffè e poi ci dirigiamo alla “spiaggia” per caricare noi e borse e zaini su una piccola barca. Ancora non lo sappiamo ma ci aspetta un fantastico tragitto in barca di 25 chilometri sul Rio Preto da Eva.
Il viaggio sul piccolo fiume ci regala emozioni e visioni spettacolari: la piccola barca sfreccia tra alberi acquatici, improvvisi tunnel e gallerie frondose tra la foresta, piccole case sulla riva, altre barche in transito, curve a gomito che alzano onda d’acqua. ogni metro, ogni chilometro sono un regalo per gli occhi. Uccelli di fiume, pesci, profumi d’ombra e selva, sole e nuvole. Dopo un lungo tragitto (ma per noi sarebbe potuto durare anche il doppio!) attracchiamo in un apparente punto qualsiasi del fiume ed approdiamo all’ Hostal di Alcides e famiglia (Tucana). Ci accolgono Alcides, appunto, il capofamiglia, la moglie e due bambini (maschio e femmina). E il loro cane Negao, di cui mi innamoro all’istante. L’atmosfera più che familiare. Ci piazziamo ognuno nel rispettivo bungalow – casetta sul fiume e dopo un po’ di descanso ci facciamo un bel pranzo.
Trascorriamo le prime ore del pomeriggio sul patio comune tra un caffè, una partita a carte, una passeggiata sulla spiaggia e un po’ di dondolio cullante sulle amache. Sul fiume arriva la pioggia. Che altro si può fare? Le ore trascorrono magiche e a metà pomeriggio la pioggia cessa per cui: zaini in spalla, saliamo sulla barca di Alcides e navighiamo per un po’ il fiume fino ad un nuovo approdo. Da qui, su un terreno ripido e fangoso, risaliamo attaccati alle liane la riva del fiume e partiamo a piedi per una piccola camminata tra fattorie, coltivazioni, brevi tratti di foresta. L’umido dopo la pioggia di prima è alle stelle, gli insetti sono degli zombie assassini e in numero incalcolabile. Nonostante tutto ci piace pure ciò che vediamo. Dopo qualche ora riguadagnato la barca, il fiume, l’Hostal di Alcides, il bungalow, la doccia, abiti decenti. Ci aspetta la cena sul patio, in ottima compagnia. Poi il buio, il silenzio. Il fiume e la foresta notturna. Dormire qui è come riconciliarsi con sé e con l’universo.
28 agosto
Oggi sveglia di buon’ora perché ci aspetta un trekking più lungo ed impegnativo della camminata di ieri. Facciamo colazione e, con Alcides alla guida, Louiz e Andreina, partiamo in barca per risalire il fiume ancora qualche chilometro. Attracchiamo e partiamo in cammino addentrandoci nella selva. Alla guida del gruppo c’è Alcides che cammina nella foresta in calzoncini, machete e a piedi scalzi… incredibile. Il percorso si snoda per molti chilometri nella foresta attraversando zone molto fitte di vegetazione, piccole radure, ruscelli. Passiamo di corsa e per fortuna indenni sotto un alveare enorme. Ad ogni passo c’è qualcosa di nuovo da vedere, liane e fogliame fitto e di tutte le gradazioni di verde esistenti al mondo, alberi alti come palazzi e soprattutto nuovi suoni e versi di animali sconosciuti. Addentrarsi in una selva è soprattutto ascoltare, più che vedere.
Dopo molto cammino e piccole pause arriviamo ad un piccolo paradiso: una cascata di acqua fresca e limpida, nella quale naturalmente facciamo un tuffo. Il caldo è soffocante e il bagno è una esperienza di pura delizia. Un po’ di riposo e poi riprendiamo la via del ritorno, percorrendo un’altra strada. Che a noi sembra uguale ma è diversa. Senza una guida qui ci si potrebbe perdere dopo pochi metri. Raggiungiamo finalmente la nostra barca e riapproviamo all’ostar sul fiume. Doccia (assolutamente indispensabile, siamo marci e infangati al di là del descrivibile. Consumiamo ancora un pasto tutti insieme sul patio e poi ci apprestiamo a rimpacchettare tutte le nostre cose: si rientra a Manaus. Anche la famiglia di Alcides, con moglie e figli. Torneranno qui fra qualche giorno. Si chiude tutto e via, sulla barca. Ecco, qui però capita una cosa che mi spezza il cuore: Negao, il cane di casa, resta qui a fare la guardia.
Lui è abituato, credo… sarà, però come partiamo con la barca si tuffa nel fiume e cerca disperatamente, a nuoto, di raggiungerci. Quando vede che non ce la fa rientra mesto sulla riva. Ecco, sarà anche abituato, sarà anche giusto così, ma nel mentre mi si è spezzato il cuore… Il tragitto di ritorno sul fiume è bello come quello all’andata e ci regala anche la vista di due tucani e un orso percosso (bradipo). Approdiamo al paesino, salutiamo la famiglia di Alcides, riprendiamo l’auto con Louiz e Andreina e torniamo in città. Qui ci aspetta la più fortunata e supercoccolata Aphrodite: anche nel mondo dei cani c’è chi vince e chi perde. Negao ora sarà sdraiato sotto le stelle della foresta, in attesa del ritorno di qualcuno.
29 agosto
Al mattino, già possessori dei biglietti per la barca, arriviamo al porto accompagnati da Louiz. Un saluto e un grazie per i giorni appena trascorsi e poi ripartiamo, nuovamente soli, per la prossima tappa della lunga discesa del Rio delle Amazzoni che ci porterà a Santarem. Ci aspettano ora due lunghi giorni e una notte di navigazione. Partiamo con il solito primo scatto in velocità per guadagnarci un posto decente sul ponte dove appendere le nostre amache e poi ci prepariamo alla modalità attesa, contemplazione, riflessione, riposo di questa 48 ore. La barca è più piccola, un po’ più scassata e sporca delle precedente ma troviamo anche qui il nostro perché.
Nuovi compagni di viaggio, nuovi orizzonti che scorrono sul fiume, nuove albe e tramonti. Il caldo invece è sempre lo stesso. Inaudito, a tratti terribile. Le punture di insetto inevitabilmente si infettano un po’ a furia di sudare e grattare, ma niente di grave. La barca, come la prima, fa qualche tappa in piccoli porti a noi sconosciuti, anche di notte. Si caricano e scaricano persone e merci in continuo. Una vita in transito. Scorriamo anche noi, piano, lentamente, senza fretta. Recuperiamo il tempo perduto della noia, che noia non è. Il tempo del vuoto, della pausa, della mera contemplazione.
30 agosto
Arriva il mattino e siamo sempre in viaggio. Il fiume scorre, noi con lui. Partiamo con il caffè della moka che riusciamo a fare combattendo contro il vento. Proseguiamo con i caffè annacquati delle cucine che ripetutamente andiamo a prelevare in stiva, dove ci sono i tavolacci per mangiare. Poi arriva l’ora della birra, delle chiacchiere con chi capita, della lettura, Arriviamo nel tardo pomeriggio a Santarem. Lo sbarco come sempre è lungo e macchinoso: rimpacchetta tutto, smonta le amache, preparati alla lunga coda, zaino in spalla, per sbarcare.
Sulla terraferma il solito casino di gente, merci, moto, auto, taxi, camion, carretti. Scegliamo un hotel basic a caso, usciamo per fare due passi. E’ arrivato il buio e Santarem offre ben poco: optiamo per un minimarket dove compriamo qualche genere di conforto, ci mangiamo la nostra cena seduti su una panchina vicino al mare e ci ritiriamo in stanza. Piuttosto squallida – vedi foto – ma chissenefrega. Dobbiamo solo lavarci e dormire. Domani partiremo presto per Alter do Chao, che pare un vero paradiso. Ma questa è la storia di domani, appunto… buonanotte.
31 agosto
Al mattino, nonostante l’hotel sia basic, facciamo un’ottima e ricca colazione e poi, dopo aver recuperato tutti i nostri stracci compattandoli come meglio si può negli zaini attendiamo il taxi, e relativo tassista, con il quale ieri abbiamo concordato il passaggio fino ad Alter do Chao. Il viaggio non è brevissimo (circa un’ora e mezza di durata) ma come sempre quando ci si muove, con qualsivoglia mezzo, è sempre un piacere. Per gli occhi e per la mente. Usciamo dalla città trafficata e proseguiamo su strade extraurbane, fiancheggiamo un immenso sito di case popolari costruite lontane dalla città e ci facciamo raccontare dal tassista: nate con le “migliori intenzioni” di progetto di sostegno al disagio attraverso l’edilizia popolare, sono un vero e proprio ghetto di disperati, alloggiati lontani di modo da non vedere, senza servizi e collegamenti decenti alle zone con servizi. Una specie di prigione travestita da bel gesto comunitario: tutto il mondo è paese…
Voltiamo pagina perché, pur volendo, il mondo non lo possiamo cambiare noi oggi. La strada prosegue verso zone più rurali e la foresta fa nuovamente capolino dai finestrini. Chilometro dopo chilometro raggiungiamo il piccolo e delizioso paese di Alter do Chao sul fiume. Che Sembra un piccolo e delizioso paese sul mare. Troviamo una stanza in un hostal carino e vicino al fiume. Scarichiamo il bagaglio e cominciamo ad esplorare i dintorni. A pochi metri dal nostro alloggio c’è il piccolo approdo di barchette che in 5 minuti e per pochi soldi, ti trasbordano sull’isola di sabbia davanti a noi. Una delle spiagge più belle e particolari mai viste. Pare un’isola caraibica ma circondata di acqua dolce, deliziosamente balneabile vista l’assenza del fastidioso effetto collaterale del sale appiccicato alla pelle. Sarà nostra!
Torniamo in stanza, ci muniamo di costume e borsa basic con lo stretto necessario e traghettiamo. Tutto il resto della giornata trascorre tra camminate, bagni, relax, fotografie, camminate, bagni, sole, ombra, relax, birra, bagno, camminata, ombra, sole, bagno… Un vero paradiso! La lingua di sabbia e gli alberi che crescono nell’acqua sono un luogo di pace assoluta, di bellezza indescrivibile. Un bagno dopo l’altro, una camminata dopo l’altra, un relax dopo l’altro ci portano senza accorgercene, all’ora del tramonto. Ci regaliamo la birra del calar del sole tra la sabbia, le iguana, uccelletti e falchi nel cielo. L’aria è tiepida, i colori perfetti. Breve traversata in barchetta poi una doccia e un rese in hostal e poi a zonzo per il paesino e ottima cena. Ora di dormire: nel mezzo dell’Amazzonica su una spiaggia caraibica. Pare finto. Non lo è.
1 settembre
Oggi ci aspetta un’altra intera giornata ad Alter do Chao. Che peccato… Dopo la colazione, dopo una doccia in camera decidiamo per quella che si chiama “Giornata di nulla”. Ogni tanto ci va, anche per metterci alla prova. Perché noi, anche nel paradiso più paradiso in terra, alla fine abbiamo sempre quel pizzicore che ci fa venir voglia di ripartire. Ogni tanto dobbiamo imporci lo stop, riposare, far nulla in giro a piedi e seduti, di mattina e di sera. Done… Scegliamo di non tornare sulla lingua di sabbia di ieri ma di ammirarla dalla costa. Camminiamo sulle spiagge lungo il fiume, ci fermiamo più volte per fare un bagno, guardiamo l’orizzonte, ci spostiamo qua e là in vari piccoli bar per succhi di frutta fresca, birre, nulla. Ci sono un po’ di famiglie in vacanza, non c’è la folla per fortuna (non è ancora il weekend). L’atmosfera è rarefatta e rilassata. Sul lungomare e sulla spiaggia ci sono alcuni cani che mendicano cibo e ogni tanto entrano nel fiume per un bagno ristoratore per contrastare il caldo e i parassiti.
Naturalmente io adotto una mammina magra come una sardina secca che sta chiaramente allattando chissà quanti cuccioli nascosti chissà dove. Parto in missione e rientro a piedi in paese, mi fiondo in un supermarket e compro un o’ di cibo e dei piattini. Rientro e sul cammino di ritorno la incontro. Come se sapesse, come se mi stesse aspettando. Ci fermiamo, lei ed io, sotto ad un albero. Le preparo il pranzo, la guardo mangiare famelica, poi sparire. A cercare i suoi cuccioli da allattare. Che vite in salita che si incontrano in giro per il mondo… Arriva l’ora del tramonto, rientriamo, ci docciamo e ritorniamo in paese. Ora di cena. Sulla piazza conosciamo due ragazze tedesche che cercano una condivisione come noi del taxi di domani, per rientrare a Santarem e ripartire in barca sul fiume. I biglietti già ce li abbiamo. Concordiamo ora e luogo e poi a dormire.
2 settembre
Oramai espertissimi e oramai con un guardaroba composto solamente da stracci puzzolenti o lavati sommariamente e ancora umidi, rifacciamo lo zaino in pochi minuti. Ci spostiamo in piazza, come convenuto, e partiamo con il taxi/jeep condiviso con le due ragazze tedesche conosciute ieri sera. Da Alter do Chao, curva su curva, approdiamo nuovamente a Santarem e raggiungiamo il porto. E’ molto presto perché la barca che prosegue la discesa del Rio delle Amazzoni dovrebbe partire alle 8.00 a.m.
Solita corsa per guadagnare buoni posti per l’amaca (purtroppo qui finiamo nel ponte chiuso, quello superiore aperto è solo per la deambulazione…). Dalle ore 8.00 previste la barca parte alle 13.00. Ma abbiamo capito che appena si sale sulle barche del Rio la pazienza deve regnare sovrana. La direzione è Belem. Solo questo ci importa. Cominciamo la discesa sull’acqua con la consueta pazienza. Ci aspettano ore e ore e ore di consueto nulla pieno di tutto. Tra venditori di formaggio e birre “proibite”! Sarà bellissimo. Come ieri, come domani.
3 settembre
Oggi ci aspetta una lunga, eterna, senza fine, giornata sul grande fiume. Non ci potrebbe essere nulla di più bello da aspettarsi. Oramai abbiamo catturato il ritmo, sappiamo rallentare, sappiamo che fare o non fare. Poco o niente. Questo è il segreto. Guardare, soprattutto. In silenzio, soprattutto. La vita che scorre accanto, i porti, i mercanti, le piccole barche che transitano con o contro di noi, con o contro la corrente. Oggi restiamo, osserviamo. Nulla di più. Scendendo, ora dopo ora, dal profondo della foresta verso il grande Oceano. Il tratto di navigazione è davvero molto bello perché la barca, dopo il primo tratto, osa finalmente insinuarsi tra la selva fitta e percorrere canali stretti, all’apparenza angusti. Per la prima volta in navigazione sulle grandi barche ora la foresta è molto vicina. Quasi ci pare di poterla toccare.
Vediamo e respiriamo gli alberi, i piccoli villaggi, il fango eroso dal corso d’acqua, il suo profumo ferroso. Qui, vista la vicinanza con la costa del fiume, è abitudine lanciare sacchetti con cibo alle piccole barchette che si avvicinano alle grandi barche in cerca. Ma la cosa più incredibile è l’assalto con le stesse piccole barchette, colme soprattutto di donne, ragazze e bambine che, come pirati esperti, si affiancano in velocità alla barca, la speronano, lanciano corde, ci si legano. Poi si arrampicano sulle corde e invadono la “barca grande” con cestini colmi di ogni sorta di mercanzia. E’ incredibile vedere l’abbordaggio, il mercato, l’abbandono della nave madre. Donne, bambine: già dure e provate. Noi al confronto siamo piccoli insetti ridicoli. E neppure autoctoni della foresta che ci circonda e scorre attorno…
4 settembre
Arriviamo a Belem alle 8.30 circa del mattino. Questi due giorni sono stati intensi e ricchi, anche se pare incredibile sopra ad una barca qualsiasi che scorre sull’acqua. Ma la barca si chiama Amazon Star e scorre sul Rio delle Amazzoni. Arriviamo a Belem e come ogni grande città subito ci accoglie con uno schiaffo e ci presenta una umanità forte, in difficoltà. Decidiamo per la partenza immediata, per cercare di onorare il nostro percorso ipotizzato: dalla foce del fiume all’Oceano, e oltre. Quindi dobbiamo arrivare sull’Oceano. Dopo uno sbarco faticoso approdiamo in un taxi che ci porta ad una stazione di bus, che ci porta, dopo alcune ore, alla costa. Dalla costa arriviamo ad un piccolo porto, Macapà, che, tramite barca presa al volo – ma questa volta sul mare – ci porta alla piccola e paradisiaca isola di Algodoal. I vari passaggi son stati talmente frenetici che solo sulla barca ci rendiamo conto che approderemo ad un’isola grossa come una oliva senza aver prenotato nulla per dormirci. Come spesso capita l’azzardo è una buona carta moneta. Mentre la barca sballota sulle onde del mare ci facciamo due parole con due signore che stanno traghettando con noi.
Incredibile: hanno un hostal appena aperto per cui la notte, le notti, sono assicurate. Certo, al buio. Ma qui, in un paradiso senza confini, qualsiasi luogo andrà bene. Sbarchiamo su una piccola spiaggia assolata. Ad accoglierci carretti trainati da cavalli. Qui non ci sono auto. Nessuna. Durante il tragitto la radio del nostro cavaliere diffonde varia musica, tra cui una canzone che ancora oggi cerchiamo di ritrovare invano. Bellissima. Gli zoccoli del cavallino sprofondano nella sabbia, il culo sballotta, gli zaini pure. Arriviamo ad un guado tra fiume e mare che a questa ora è attraversatile col carretto. Che ci lascia sulla riva del mare. L’hostal è laggiù, un po’ più arretrato. Scassato, solitario, magnifico. E’ il nostro letto perfetto. Il nostro luogo perfetto. Oggi. Questa sera. Domani. Dopodomani chissà… Camminiamo a fatica, sprofondando con gli zaini alle spalle, ci piazziamo.
Dedichiamo la giornata a tutto ciò che di incredibile ci circonda: spiagge deserte, lavoratori che trasportano frigoriferi sulle spalle, cani affamati che ti eleggono immediatamente imperatore temporaneo del loro mondo per una fetta di formaggio, silenzi, profumi, camminate senza orizzonte a decretarne la fine, ritorni, stelle. All’approssimarsi del buio dobbiamo attraversare la spiaggia, arrivare al guado tra fiume e mare, ora attraversatile solo in barca per le maree, approdare dall’altra parte, camminare, trovare solo un posto aperto che ci cucina una pizza (beh, non malissimo diciamo), ritornare sul greto del fiume, aspettare nel buio un umano che ci veda e decida di traghettarci sull’altra sponda, camminare nella notte sulla spiaggia, arrampicarci sul bungalow verticale che ci ospita, fumare ancora una sigaretta nel silenzio di stelle pulsanti. Fare la pipì. Andare a dormire. In paradiso.
5 settembre
Svegliarsi qui, in quest’isola piccola come un puntino, perduta al largo di un Oceano, è già un premio alla vita. Svegliarsi, noi due insieme è il primo premio. Quello prima descritto il secondo. Poi ci alziamo, noi premiati, facciamo colazione su una specie di patio sospeso sulla sabbia, il mare di fronte, il cane di ieri sotto che aspetta gli avanzi della colazione. Poi perdiamo un po’ di tempo: che meraviglia… Oggi la giornata è vuota, ma piena. Abbiamo concordato un giro in canoa su per il canale che attraversa l’isola. Arriviamo a piedi alla spiaggia che incrocia il fiume e il mare, soprattutto in bassa marea. Dove comincia l’acqua salata e dove comincia quella dolce non è dato sapere.
Arriva una barchetta, un ragazzo. Saliamo e cominciamo ad alternarci, insieme a lui, ai remi. Risaliamo il fiume che si innesta come una arteria biologicamente concreta dal mare verso la foresta. Intorno a noi, da subito, Aironi e uccelli senza nome. Cri Cri cri… Kiii, Kiii… Sconosciuti. Almeno per noi. Il fiume diventa piccolo e, pagaiata dopo pagaiata, nel silenzio rotto solo dai rumori della foresta e dall’acqua che smuoviamo con i remi, incontriamo i Guarà rossi. Ecco, almeno questi hanno un nome ora. Bellissimi. Attracchiamo e camminiamo per due ore circa tra la foresta e la spiaggia. Selva umida, poi dune di sabbia, poi mare e cespugli, poi alveari, poi sabbia e di nuovo fango. Poi di nuovo fango per terra da cadere ad ogni passo e poi ancora canoa e pagaiate in silenzio.
Si attracca. Si torna. Una piccola pausa alla casa sospesa sulla sabbia davanti al mare e dopo il giusto riposo, la doccia di rito, un caffè della moka, ci regaliamo una lunga lunga lunga camminata al bordo dell’oceano. Vento, silenzio umano, suoni dal mondo animale, vegetale e minerale. E basta. Al fondo del giro due picchi che intagliano un totem. Noi fumiamo una sigaretta mangiata dal vento osservando gli artigiani pennuti. Riposo totale al ritorno. Pausa birra. In uno dei piccoli bar più belli e solitari e veri mai visti al mondo. Tornare nel buio sulla spiaggia fino alla casa sospesa sa di fiaba sognata. Ma siamo ancora svegli. Per pochissimo…
6 settembre
Ci svegliamo presto presto presto: oggi ci aspetta un tragitto ad ostacoli che comporterà l’utilizzo di quasi tutti i mezzi di trasporto conosciuti. Partiamo con un moka-cafè bevuto di fronte all’oceano sulla nostra – per due giorni – terrazza palafitta di legno. Gli zaini son pronti e dopo un saluto e affettuoso congedo con i nostri ospiti partiamo per il primo step: a piedi sulla spiaggia fino al fiume che divide l’isola. Secondo step: in barca per cinque minuti per raggiungere l’altra riva. Terzo step: in carretto a cavallo per raggiungere il piccolo porto. Step quattro: in battello sul mare agitato per raggiungere la costa. Step cinque: in taxi (contrattato ad un buon prezzo) per raggiungere l’aereoporto della città – Belem. Step sei: volo aereo da Belem a Rio de Janeiro. Step sette: taxi dall’aereoporto all’hostal. Direi che questa si può definire decisamente ed inconfutabilmente una giornata di viaggio.
Ci piazziamo nella stanza, ci facciamo una doccia e, vista la stanchezza sopra il livello di guardia, decidiamo di saltare anche la cena e andare a dormire. Ma… scatta lo sclero dell’acqua. Ci siamo inesorabilmente dimenticati di acquistare anche solo due bottiglie per la notte. Dopo il consueto scambio di insulti reciproci (hihihi…) decidiamo mestamente di uscire. Ma come spesso capita nella vita da un errore nasce una possibilità: uscendo percorriamo a piedi la via che porta al mare: troviamo subito un piccolo market ancora aperto e portiamo a casa l’acqua . Poi ci accorgiamo, cosa che prima nel delirio non avevamo notato, che siamo in un posto bello e a cinque minuti dalla spiaggia di Botafogo. Altri due passi, davvero due, e scopriamo un bel locale aperto, tipo una birreria, e ci regaliamo ancora un’ora al tavolo sorseggiando cervoja e rilassandoci guardando le prime gare delle ParaOlimpiadi. La stanza è davvero ad un tiro di schioppo… facciamo due cervoja, và…
7 settembre
Oggi è la nostra penultima giornata a Rio e decidiamo di vedere a fare tutto il possibile, senza troppe pretese. Partiamo come sempre a piedi e girovaghiamo in direzioni varie ed eventuali. Con un taxi raggiungiamo l’antico quartiere di Botafogo. Poi ridiscendiamo a piedi, prendiamo la metro e esploriamo altre zone. Con una lunga, lunghissima camminata, che però ci fa conoscere tanto della città, raggiungiamo la partenza della teleferica che ci porta in cima al Pan de Azucar. Godiamo della vista superba e unica, con la baia di Rio che regala agli occhi cartoline magnifiche e di ancestrale memoria a destra, a sinistra, davanti e dietro: le spiagge di Copacabana e Ipanema, la baia di Botafogo, lo skyline di montagne e golfi oceanici che si insinuano in una delle città più belle, per latitudine e longitudine, che l’uomo abbia saputo costruire. Con tutte le sue brutture, umane, e i suoi splendori, naturali. Ridiscendiamo con la per me orrida teleferica (la vertigine è sempre in agguato) e con nuovi passi a piedi arriviamo alla partenza del trenino-cremagliera che, arrampicandosi come un vero serpente di foresta, ci porta sotto i piedi del Cristo Redentor: Corcovado…
Ecco, la folla di turisti sia qui che sul Pan de Azucar è indescrivibile ma il luogo è talmente unico e bello che quasi non ci turba. Ci godiamo una birra in cima al luogo dei sogni e poi si ritorna in città. Il trenino ora si tuffa nella foresta in verticalità opposta. Ogni piccolo sguardo fuori dal finestrino è una fotografia mai scattata ma impressa per sempre. Sbarcati dalla cremagliera ci aspetta la lunga, stancante ma bellissima camminata del ritorno verso l’hostal. Ogni strada, ogni tratto di marciapiede, ogni negozio, ogni lampo di vita quotidiana è e sarà un ricordo: ragazzi all’uscita di scuola, impiegati a pranzo, negozi colorati di frutta e verdura, macchine, nonni col bastone, piccioni, bus, rumori e odori. Facciamo una veloce tappa all’hostal per una doccia ristoratrice e poi ritorniamo alla nostra casalinga, bellissima birreria di Botafogo: la cena che ordiniamo arriva sulla tavola in proporzioni da comitiva. Tra una birra e l’altra, uno sguardo alla strada e al passeggio e un pensiero di malinconico congedo arriviamo al buio e all’ora di dormire. Boa noite Rio…
8 – 9 settembre
Oggi comincia la giornata del lungo viaggio di ritorno: due giorni pieni tra cielo e terra… Dedichiamo la mattinata ed un inizio di pomeriggio ancora ad un po’ di passi a caso, poi arriva l’ora del taxi per l’aereoporto. Le ore di attesa non sono troppe, abbiamo calcolato bene, per cui il tempo d’attesa per l’imbarco passa veloce. Ci imbarchiamo sul nostro volo intercontinentale ed entriamo in quello spazio-tempo senza spazio né tempo. Un contenitore di metallo, credo, che sfreccia sopra le nuvole che a loro volta sono sopra l’oceano. E’ giorno? E’ notte? E’ ieri? Oggi? Domani?… Non si sa più. Ci abbandoniamo ai nostri pasti plastificati, ai nostri film nel cielo, a brevi sonnellini scomodi, as usual. Senza ritardi arriviamo al nostro previsto stop ad Amsterdam verso le 13.00 del giorno 9 settembre. L’ultimo volo del viaggio per Torino è schedato per questa sera alle 20.25. Si necessita diversivo.
Essendo l’Olanda terra di ottimi servizi non esitiamo un istante: dall’aereoporto prendiamo il fantastico trenino che in meno di mezz’ora ci porta in centro città: dedichiamo un po’ di ore a bighellonare per Amsterdam, contenti di ricordarci percorsi già tracciati in passato ma sempre meravigliati di trovarne di nuovi. Amsterdam è davvero una città bellissima. Dopo un po’ di vagabondaggio ci scegliamo un bel bistrot su uno dei canali e ci mangiamo un ottimo pranzo quasi cena open air. Con la dovuta calma ritorniamo in stazione, riprendiamo il trenino e ritorniamo a Schipol. Ancora qualche chilometro a piedi tra i vari gate (il gate per Torino non si sa come né perché è sempre l’ultimo, in fondo a destra. Dopo gli ultimi bagni. Vabbè. Fatevi una pippa. Il nostro volo di ritorno in Italia si stacca da terra, nel giro di pochissimo sotto i nostri piedi ci sono le Alpi, poi le nubi, poi la pista di atterraggio, poi papà che come da dolce tradizione ci aspetta a braccia aperte per farci sentire a casa e meno tristi…
Ed eccoci alla fine…
Partenza
19:50 gio, 8 set
Rio De Janeiro (Brasile) – Rio De Janeiro International Airport (GIG) – Terminal 2 – Klm Royal Dutch Airlines – KL 706
Arrivo
12:15 ven, 9 set – Amsterdam (Paesi bassi) – Schiphol (AMS)
Partenza
20:25 ven, 9 set – Amsterdam (Paesi bassi) – Schiphol (AMS) – Klm Royal Dutch Airlines – KL 1559
Arrivo
22:10 ven, 9 set – Torino (Italia) – Caselle (TRN)
Bye bye river…
ITINERARIO
11 agosto 2016 – Torino – Parigi – Lima – persa coincidenza, notte in Lima – volo Air France
12 agosto 2016 – Volo per Iquitos – hostal di Xavier – giro per la città e organizzazione tour di domani – cena cucinata a casa
13 agosto 2016 – da Iquitos alla foresta sul fiume – Isla de los monos – camminata notturna
14 agosto 2016 – Villaggio Indios – piranha – caldo amazzonico nel mezzo della foresta
15 agosto 2016 – sveglia alle 5.00, alba sul fiume – visita villaggio e trek in foresta – rientro a Iquitos in barca sul fiume
16 agosto 2016 – alloggiati da Xavier – visita al Manate Rescue Center – a zonzo per città – cena sul fiume
17 agosto 2016 – partenza alle 4.00 a.m. con barca veloce per Santa Rosa (frontiera Perù) – visto uscita in paese – canoa per Leticia (Colombia) – Hostal Casa de las Palmas
18 agosto 2016 – visto di entrata – a zonzo tra Colombia e Brasile (Leticia e Tabatinga)- spettacolo pappagalli che al tramonto arrivano sugli alberi a Leticia – diluvio serale
19 agosto 2016 – lungo tour in foresta amazzonica in compagnia di famiglia colombiana – villaggi, piantagioni, bagno nel fiume – rientro e cena cucinata a casa
20 agosto 2016 – visto uscita Colombia all’aereoporto – poi porto e primo imbarco sul fiume per tre giorni circa – notte in amaca sul pontile
21 agosto 2016 – sempre in barca sul fiume, esperienza nuova e magnifica…
22 agosto 2016 – … come ieri…
23 agosto 2016 – arrivo a Manaus – hostal di Manuel – a zonzo per la città, spesa al market e cena a casa – prima lavatrice!
24 agosto 2016 – incontro con Louiz e organizzazione tour – compleanno Sigfrido in churrascheria!
25 agosto 2016 – tour su Rio Negro – auto, barca hostal in foresta – caldissimo! giro pomeridiano serale in canoa a remi sul fiume – fantastico!
26 agosto 2016 – notte orrenda per caldo e insetti – puntura ragno e piede a pallone! Trek in foresta, barca, delfini rosa… magnifico. Barca e auto per rientro a Manaus da Louiz
27 agosto 2016 – con Louiz e Andreina verso Rio Preto da Eva – auto – tratto magnifico in barca in mezzo alla foresta – hostal di Alcides (Tucana) – breve passeggiata in piantagioni
28 agosto 2016 – barca e lungo trek in foresta – caldo, insetti, vegetazione, animali vari – bagno in cascata – rientro e viaggio sul fiume per ritorno – poi auto e Manaus, da Louiz
29 agosto 2016 – porto, imbarco per tratta Manaus/Santarem – barca più piccola e sporca ma stiamo benissimo lo stesso – tornano le amache…
30 agosto 2016 – sempre in viaggio – arrivo in serata a Santarem – taxi, albergo, cibo acquistato al marcate per panini e a dormire
31 agosto 2016 – taxi per Alter do Chao, spiaggia “caraibica” sul grande fiume – vero paradiso! – tutto il giorno su spiaggia, sabbia, alberi nell’acqua
1 settembre 2016 – giorno “di nulla” ad Alter do Chao – spiaggia – birre – cena – riposo. Io nutro cani randagi.
2 settembre 2016 – taxi all’alba condiviso con due ragazze tedesche – da Alter do Chao al porto di Santarem – dalle 8.00 previste, partenza alle 13.00 – destinazione Belem!
3 settembre 2016 – tratto di viaggio bellissimo, dal pomeriggio la barca imbocca canali piccoli per cui la foresta e villaggi sono visibili – assalto delle barche pirata!
4 settembre 2016 – arrivo a Belem ore 8.00 circa del mattino – taxi e bus per Macapà – barca per isola di Algodoal – carretti a cavallo su spiaggia – birre e e cena nel paradisiaco nulla
5 settembre 2016 – giro in canoa per il canale che taglia l’isola, trek tra foresta e spiaggia – al pomeriggio lunga camminata su spiaggia senza fine – riposo totale
6 settembre 2016 – partenza dall’isola: piedi, barca, carretto, barca, taxi, aereo taxi – finalmente hostal in Rio de Janeiro – serata alla birreria aperta su spiaggia di Botafogo
7 settembre 2016 – tutto il giorno in giro per Rio de Janeiro: a piedi a caso, Botafogo viejo, Pan de Azucar, Corcovado, teleferica, cremagliera, Ipanema, Copacabana…
8 settembre 2016 – mattina ancora a zonzo per Rio poi taxi per aereoporto – volo alle 20.00 – si parte…
9 settembre 2016 – arrivo ad Amsterdam – trenino e giro più pranzo in centro città – rientro a Schipol e volo per l’Europa – attesa e volo per Torino alla sera
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