America Centrale 2008
DIARIO
America Centrale: viva la vida!
Guatemala – America Centrale
26 agosto 2008 – martedì
Anche quest’anno arriva finalmente l’ora di partire. Destinazione America Centrale. La partenza è come sempre all’alba, questa volta da Torino. Sveglia alle 5 del mattino, taxi per caselle, imbarco bagagli e ultime sigarette. Tutto come sempre. Saliamo sul bus che ci deve caricare sull’aereo ed ecco il primo imprevisto. Ci fanno scendere e comunicano che forse non si parte: guasto tecnico. Nooooo….Dopo mezz’ora di attesa e ansia finalmente ci imbarchiamo. Arriviamo a Madrid verso le 10.30 e alle 12.40 partiamo con il volo transoceanico che ci porterà in Guatemala. L’Iberia è un po’ scadente rispetto ad altre compagnie che abbiamo usato in questi anni ma pazienza. Arriviamo a Guatemala City, Guatemala, America Centrale alle 15.30 circa, sempre del 26 agosto: miracoli dei fusi orari. Il cielo è grigio, pioviggina e l’aria è afosa e pesante. All’esterno dell’aeroporto decine di guide che offrono tour, venditori ambulanti, taxisti e mendicanti. Alle 16.00 arrivano a prenderci col bus della guest house che abbiamo prenotato dall’Italia e partiamo per Antigua, dove abbiamo deciso di pernottare per evitare il caos delirante della capitale. Un’ora circa di strada sotto la pioggia attraversando la città poi inerpicandoci per le montagne e alla fine ci siamo: Antigua, Los Loros Inn. Il posto è bellissimo, ci siamo solo noi. Buttiamo gli zaini in camera e ci avventuriamo in una passeggiata sotto l’acqua (piove) per respirare immediatamente l’aria del Guatemala e per cercare di cenare. Forse siamo troppo stanchi e frastornati ma non riusciamo a trovare nessun posto che ci soddisfi. Rinunciamo alla cena e decidiamo di andare a dormire. Decisione saggia, appena toccato il letto ci addormentiamo in tre secondi. Uno, due, tre.
27 agosto 2008 – mercoledì
Ci svegliamo prestissimo e, usciti dalla stanza per fumare una sigaretta, ammiriamo estasiati il paesaggio che si presenta ai nostri occhi nel silenzio del mattino: i due vulcani Agua (sempre avvolto dalle nubi) e Fuego (con il suo pennacchio fumante) ci sovrastano in tutta la loro maestosità. Dedichiamo la giornata alla scoperta di Antigua: camminiamo senza sosta per strade, vicoli, piazze e visitiamo un piccolo e interessante museo tessile. Dopo un po’ di descanso in stanza e dopo aver organizzato il tour di domani usciamo per la. cena – purtroppo scadente – accompagnata da bella musica al ristorante Los Lobos.
28 agosto 2008 – giovedì
Oggi ci aspetta il trekking sul vulcano attivo Pacaya. Partiamo alle 6.00 del mattino e dopo un po’ di chilometri in shuttle bus arriviamo al piccolo villaggio alle pendici del vulcano. E’ un villaggio di montagna, molto povero. Ovunque cani rognosi, bambini che vendono bastoni per il trekking, uomini a cavallo che offrono passaggi. Partiamo per la camminata, che comincia subito piuttosto ripida. Siamo un gruppo composito per età e nazionalità e la nostra guida è una donna. Tra tutti i cani macilenti alcuni decidono di seguirci nel tragitto e a metà percorso resta solamente una mammina magra come uno scheletro che, nella speranza di un biscotto, si fa tutta la strada con noi, attraversando sentieri nella foresta, pendici di sabbia lavica, rocce appuntite fino ad arrivare alla cima incandescente vicino alla bocca attiva. Naturalmente si guadagna, uno alla volta, tutti i nostri biscotti nonostante le proteste di Sigfrido che vede il suo pranzo andare lentamente in fumo….
Lo spettacolo del fiume di lava incandescente è incredibile e suggestivo, nonostante gli americani del gruppo rovinino l’atmosfera inscenando un improbabile barbecue di schifosissimi mush mellows. Ne danno pure uno alla mammina scheletro: ho ancora negli occhi l’immagine surreale di questa povera bestia che, vinta dalla fame, mastica con fatica un appiccicosissimo ammasso rosa e azzurro sullo sfondo di rocce nere e lava rosso fuoco. Uno spettacolo triste. Ci avventuriamo nella discesa con le gambe spezzate (è il primo trekking del viaggio, dobbiamo riprendere la forma…). Ritornati ad Antigua ceniamo in un semplice caffè con bruschette e panini. Meglio di ieri sera. Domani si parte, è ora di rifare gli zaini.
29 agosto 2008 – venerdì
Pronti a partire alle 6.30 direzione lago Atitlan – Panajachel. Lo shuttle bus arriva più o meno in orario e ci imbarchiamo verso la nuova destinazione. Il viaggio ci regala paesaggi suggestivi che corrono dietro ai finestrini: su e giù per colline e montagne per strade tortuose che ogni tanto si perdono nel fitto della foresta. Arrivati a destinazione ci carichiamo gli zaini sulle spalle e camminiamo per il paese alla ricerca di un posto per dormire. Per ambientarci ci sediamo a bere una birra ad un bar sulla strada principale e poi con calma cerchiamo alloggio. Ci piazziamo a Casa Laura, vicino alle rive del lago. Lasciati i bagagli riprendiamo il cammino e optiamo per un giro con il battello sul lago Atitlan fino a Santiago. Sbarchiamo, passeggiamo qua e là, pranziamo così così e traghettiamo nuovamente per Panajachel. Al ritorno ci accampiamo in un bel locale con patio interno per gustarci birra al bancone e per ripararci da una pioggia improvvisa. Io purtroppo comincio a sentirmi poco bene e, appena spiovuto, ci rifugiamo in stamza. Mi imbottisco di disinfettanti omeopatici vari e mi accascio nel letto. SIgfrido sopporta. Domani è un altro giorno.
30 agosto – sabato
“Il mattino ha l’oro in bocca” (cit.1) e mi sento meglio. Siamo in piedi all’alba vista l’ora antelucana in cui ci siamo coricati. Girovaghiamo per il paese fotografando qua e là le rive del magnifico lago Atitlan e, quando anche il resto del mondo si sveglia, girovaghiamo per diverse “agenzie” per l’acquisto di ticket aerei con destinazione Flores. Li troviamo e il viaggio riparte freneticamente. Shuttle alle 12.00 per Guatemala City airport, volo e arrivo a Flores. Il primo impatto è uno shock termico. Antigua e Panajachel ci hanno accolto con un’aria decisamente fresca mentre qui respiriamo caldo e umido “come nel culo di una vacca sacra a Bombay” (cit.2).
Dall’aeroporto Il taxista ci porta immediatamente nella sua agenzia di fiducia per acquistare il tour a TIkal (ma va bene, sempre fidarsi dei taxisti in giro per il mondo!) e dopo qualche ricerca ci piazziamo all’Hostal Goya. La stanza è molto spartana ma il posto è confortevole. Doccia d’obbligo e passeggiata per l’isola. RInfrancati e ancora debilitati per l’escursione termica ceniamo in un locale basic ma con una splendida vista del ponte che unisce Flores alla terraferma. Sotto il cielo stellato del Guatemala.
31 agosto 2008 – domenica
Alle 6 del mattino saliamo sul bus per Tikal. La strada è piuttosto lunga e abbiamo il tempo di riassopirci tra un balzo e l’altro. Arrivati all’ingresso del parco ci fermiamo ancora qualche minuto ad un baraccottobar per berci un caffè annacquato e poi partiamo per la foresta. Decidiamo di girare da soli senza guida. La lunga camminata ci porta tra rovine imponenti, piante secolari, animali e insetti tropicali, iscrizioni misteriose. L’area archeologica di Tikal ha una collocazione unica: le maestose piramidi Maya e i resti dei palazzi compaiono all’improvviso tra la vegetazione fitta, come nascosti ad un primo veloce sguardo. Bastano pochi passi ed ecco aprirsi una radura e scalinate in pietra ripide come muri. Per raggiungere la cima sono state costruite scale di legno di una verticalità irreale: solo
Sigfrido riesce a scalarle, io guardo da sotto. Il caldo e l’umidità sono incredibili e la natura che ci circonda è sorprendentemente rigogliosa. Alle 14, decisamente sfatti ma soddisfatti, saltiamo su uno dei tanti bus di ritorno a Flores. Doccia veloce e poi a spasso per l’isola: acquistiamo i biglietti bus per il Belize e ci regaliamo un aperitivo che si trasforma in cena, nel senso che una volta seduti non ci alziamo più. Nello stesso locale un gruppo di giovani americani completamente ubriachi dà spettacolo mentre fuori infuria il diluvio universale: in pochi minuti la strada si trasforma in un fiume d’acqua impossibile da guadare. Restiamo bloccati nel locale per due ore: le birre non si contano… Quando riusciamo a tornare alla guest house troviamo i gestori che stanno spazzando via l’acqua dalle stanze con le scope. Per fortuna gli zaini erano appoggiati sui letti. Buonanotte…mamma che umidità!
Belize – America Centrale
1 settembre 2008 – lunedì
Sempre sotto la pioggia, ora sottile, ci piazziamo per strada in attesa del bus per Belize city, Belize, America Centrale: sono le 5 del mattino ed è ancora buio. Dopo molte ore di strada e di soste varie, verso le 11.30 passiamo la frontiera (incasinatissima). Scendi, prendi gli zaini, fai la coda per il visto di uscita, fai la coda per il visto di entrata, compila moduli su moduli con il bagaglio che pesa e casca da tutte le parti appoggiati uno alla schiena dell’altro. Con fatica e qualche bestemmia superiamo indenni la burocrazia e dopo altra strada arriviamo a Belize city alle 13.00. Siamo al porto e riusciamo a prendere al volo un water taxi per l’isola di Caye Caulker. Dopo ore di bus e strade polverose e sconnesse eccoci all’improvviso a sfrecciare su un mare blu e turchese da sogno.
Arriviamo nel paradiso tropicale di Caye Caulker e con gli zaini che ora sembrano pesare come un elefante morto ci trasciniamo sotto il sole cocente per cercare alloggio. Dopo qualche ricerca troviamo ciò che fa per noi: ci piazziamo al The Tropic, basic ma praticamente sulla spiaggia: vista mare sei nostra. Il pomeriggio è di assoluto relax. Una gattina nera molto simpatica fa gli onori di casa davanti alla porta della stanza, per i sentierini sabbiosi dell’isola ovunque cani allegri e pulciosi ci fanno le feste. Dopo una breve esplorazione (l’isola è veramente piccola, senza auto, con strade di terra e sabbia) facciamo arrivare l’ora di cena. Ci sediamo in un bar gestito da due ex fricchettoni americani. Il posto è accogliente: siamo all’aperto in riva al mare, i piedi nella sabbia, sul tavolo birra fresca e dalle casse buona musica. Che si può volere di più?
2 settembre 2008 – martedì
Finalmente ci svegliamo senza sveglia e alle 10 partiamo per un tour di snorkelling sulla barriera corallina. Sulla piccola barca siamo noi due più altre tre ragazze, non ricordo di quale nazionalità. La nostra guida è un ragazzo giovane, simpatico ed esperto. Partiamo sotto la pioggia ma dopo poco arriva il sole. Facciamo due stop in mare con tuffo e nuotata. I fondali sono fantastici. Per pranzo sbarchiamo su Isla San Pedro (la Isla Bonita cantata da Madonna…). Sulla via acquatica del ritorno ci regaliamo un altro stop in mezzo al mare e nuotiamo tra coralli, pesci tropicali, piccoli squali, tartarughe e riusciamo ad incrociare persino i lamantini! (water cow…). Un incontro raro, sono animali timidi dall’aspetto dolcissimo. Dopo tutte le ore passate in acqua ci rendiamo conto solo all’arrivo di essere mezzi ustionati. Sigfrido sembra un’aragosta bollita e io la sua gentile signora. Vado a comprare un gel miracoloso (di un impressionante colore blu elettrico) al supermercato dei cinesi di fianco all’albergo. Pare funzioni. Cena e nottata immobili nel letto: ogni minimo sfregamento produce dolori lancinanti. E domani abbiamo prenotato il lungo giro verso le Blue Hole. Tutto il giorno in mare e sotto il sole…oddio…
3 settembre 2008 – mercoledì
Partiamo alle 6.30 per il tour alle Blue Hole. Per questo giro siamo in tanti, la barca è grossa e raccoglie gente da più isole. L’equipaggio è numeroso e ci sono più guide che seguiranno i diversi gruppi a seconda delle attività: snorkelling o diving. Una delle guide (che purtroppo tocca a noi snorkellatori), è decisamente insopportabile: uno spaccone locale che fa il sergente di vascello. Naturalmente Sigfrido ed io rischiamo di litigarci pesantemente. Vabbè, decidiamo di non rovinarci la giornata anche perchè intorno a noi regna sovrana la bellezza della natura. Ci vogliono tre ore di barca per raggiungere la zona delle Blue Hole: Quando arriviamo facciamo due tappe in mare con relativo tuffo (con maglietta, vista l’ustione del giorno precedente). Incontriamo gli squali toro e tigre che nuotano a pochi metri sotto di noi (impressionante), razze, pesci tropicali di ogni genere, formazioni coralline che sembrano sculture.
Il mare è di un intenso blu scuro e qua e là, grazie alla barriera corallina, ci sono enormi piscine turchesi da esplorare. Si passa a nuoto da fondali bassissimi che sembrano un giardino incantato sottomarino a profondità improvvise sulle quali galleggiare, non senza un certo timore. Sempre a nuoto approdiamo all’isola di Half Moon Caye. La barca ci raggiungerà sulla costa opposta. La scena è un po’ surreale, sembriamo dei naufraghi più che turisti. Attraversiamo a piedi (scalzi, siamo arrivati a nuoto…) la foresta dell’interno piena di uccelli, iguane, paguri di terra. Approdati alla spiaggia sull’altro versante pranziamo sotto le palme e ci imbarchiamo per il ritorno. Altre tre ore di mare immenso accompagnati da branchi di delfini che giocano nella nostra scia. Una giornata magnifica. Prima di cena acquistiamo in un internet point i biglietti aerei che ci porteranno in Salvador ( un po’ overprice ma non abbiamo alternative). Domani si riparte.
4 settembre 2008 – giovedì
Dopo aver preparato gli zaini ci concediamo una mattinata di assoluto relax a zono per l’isola di Caye Caluker. All’una siamo sulla banchina in attesa del water taxi che arriva all’una e trenta e ci riporta a Belize CIty. Sbarchiamo e con un taxi raggiungiamo il piccolo aeroporto. In attesa del volo stazioniamo nel bar semi deserto al primo piano: un enorme ventilatore cerca di dare un illusorio refrigerio, due neri e un cinese giocano una sonnolenta partita a biliardo mentre una libellula impazzita rimasta intrappolata vola avanti e indietro sbattendo penosamente contro la finestra in cerca di libertà. L’aereo decolla alle 17.30 per San Salvador, EL Salvador, America Centrale e arriviamo che oramai è buio. Scegliamo un albergo a caso tra i tanti segnalati dalla guida. Con un taxi raggiungiamo l’hotel (bruttino, la stanza ancora di più), e ceniamo al locale sotto l’albergo per evitare di girare al buio per le strade di San Salvador: Ogni tanto è meglio essere prudenti.
El Salvador – America Centrale
5 settembre 2008 – venerdì
Ci svegliamo con calma, ci carichiamo gli zaini in spalla come sempre e raggiungiamo la stazione dei bus da dove partono quelli che ci porteranno alla nostra prossima meta: Suchitoto. La stazione è un vero caos, da qui non partono le prime classi, only chicken bus! Nel delirio di mezzi, passeggeri, venditori, carretti, moto, biciclette e quant’altro saltiamo sul primo scassone che pare andare nella direzione che ci interessa. L’autista è seduto alla guida su una specie di sdraio di plastica imbullonata a forza al pavimento. Nel tragitto in uscita dalla città ci fermiamo ad ogni angolo per raccogliere altri passeggeri.
Quando il bus raggiunge il tutto esaurito (molto oltre il nostro concetto di tutto esaurito!) ci ritroviamo con gli zaini in bocca, il culone di una matrona in faccia e un bambino in braccio. Sul portaoggetti direttamente sulle nostre teste stazionano ceste e secchi gocciolanti. Siamo gli unici due stranieri ma dopo una prima diffidenza iniziale suscitiamo una cordiale curiosità dai locali. Che probabilmente, nonostante i sorrisi, pensano che siamo pazzi. Il viaggio verso Suchitoto non è così lungo. Arriviamo sotto la pioggia e ci pare subito un posto bellissimo. Coperti dalle mantelle parapioggia raggiungiamo la piazzetta centrale e ci sediamo sotto il porticato per mangiare qualcosa e provare a chiedere qualche indicazione per dormire. Conosciamo Renè, il gestore, che ci suggerisce l’Hotel Villa Balanza. E’ un ragazzo simpatico e preparato e ci accordiamo con lui per il giorno seguente per un tour delle zone intorno a Suchitoto.
Villa Balanza è deserta (siamo gli unici ospiti) ma è un posto low budget magnifico. Le poche stanze hanno un patio con una splendida vista sul lago. Ci piazziamo e nel frattempo arrivano altre due ospiti, due ragazze norvegesi (Magda e Gorlin) con le quali, dopo un po’ di chiacchiere, organizziamo di cenare. Il dopocena lo trascorriamo al bar di Gerry, un ex guerrigliero di una simpatia, intelligenza e profondità veramente rare. Siamo circondati da ritratti del Che, di Fidel, fotografie e scritti del poeta Roque Dalton, bandiere rosse e cimeli del Fronte Militare di Liberazione Nazionale (FMLN). Tra le tante persone che incontriamo conosciamo anche Rebecca, una ragazza americana molto simpatica che domani verrà con noi e Renè per il tour around Suchitoto. Le bottiglie di Pilsener non si contano. Quanto ci piace questo paese sperduto tra le montagne del Salvador.
6 settembre 2008 – sabato
Partiamo con Rebecca e Renè per il giro di oggi che prevede come prima tappa un trekking non troppo impegnativo in una riserva naturale. Con la jeep usciamo dal paese e ci inoltriamo per le campagne circostanti. Le strade dissestate, i villaggi, la povertà diffusa ci raccontano con immagini veloci un paese ancora molto provato dalla storia che cerca con fatica di risollevarsi. Cominciamo a camminare nella foresta tra un intrico di piante per la metà sconosciute. Stiamo percorrendo i sentieri della guerriglia che in quest’area ha visto e vissuto alcune delle sue pagine più aspre e tragiche. Sul nostro percorso troviamo ancora resti dei campi di guerriglieri, trincee nascoste tra gli alberi, vecchi scarponi militari e cucine da campo.
La storia mille volte letta diventa reale e concreta sotto i nostri occhi. L’emozione è ancora più grande quando arriviamo a Cinquera, un paese devastato e distrutto dai militari negli anni della guerra. Gironzoliamo qua e là per il paese ascoltando il racconto degli avvenimenti di Renè. Osserviamo murales mezzi distrutti che ricordano i massacri e le bombe che solo pochi anni fa hanno distrutto questo piccolo paese e annientato la sua gente. Le storie che ci raccontano sono talmente forti e dolorose che ancora oggi vibrano penosamente dentro di noi.
Ritorniamo a Suchitoto ancora un po’ scossi e dopo un passaggio a Villa Balanza ci ritroviamo per la cena con Rebecca e con Magda e Gorlin che nel pomeriggio sono state rapinate. Senza scusare i ladri, la colpa ci sembra pure un po’ loro che se ne sono andate in giro da sole per le campagne in una zona isolata. Prudenza significa anche rispetto per la zona dove sei, anche nei suoi aspetti peggiori. Rispetto significa conoscere, informarsi e comportarsi come il luogo richiede. Senza nulla togliere al fatto che ci è dispiaciuto molto per la loro brutta avventura. Ceniamo all’Hostal di Robert, un simpatico americano che vive qui oramai da molti anni sposato ad una salvadoregna. La serata scorre tranquilla e sulla strada per Villa Balanza facciamo ancora una tappa al locale di Gerry per la birra della buonanotte.
7 settembre 2008 – domenica
Trascorriamo la domenica camminando a piedi qua e là per il paese. Passo dopo passo arriviamo al lago e al centro turistico comunale: negozi, ristoranti, imbarcadero. Il posto è affollatissimo di gitanti locali della domenica. CI uniamo alle allegre comitive e ci facciamo un bel pranzo vista lago. Veniamo abbordati da due vecchietti in gita di gruppo che riescono a batterci una birra in cambio di quattro chiacchiere. Molto divertente! Dopo pranzo facciamo un giro in barca e poi ritorniamo in hotel per doccia di rito. Nel tardo pomeriggio-sera proseguiamo il nostro girovagare senza meta per le strade di Suchitoto. Sulla piazza centrale si svolge un festival di musica e teatro che invade il paese con una grande festa. Ceniamo da Robert e conosciamo i londinesi Ian e Anna con i quali viaggeremo domani verso la Ruta de las Flores e Juayua. Tornati in piazza ci congediamo da Renè, passiamo a salutare Gerry alla Casona e poi ci ritiriamo a Villa Balanza. Noche Suchitoto.
8 settembre 2008 – lunedì
Partiamo presto al mattino con Robert, Ian e Anna. Ci stipiamo tutti sul camioncino scassato e imbocchiamo la strada per la Ruta de las Flores, La prima tappa è per la colazione: ci fermiamo ad un baraccotto dal sapore prettamente locale sul ciglio della carreggiata e, insieme ai camionisti, ci mettiamo in fila per le pupusas di rito (specie di frittelle di mais con ripieno di fagioli). A seguire percorriamo chilometri e chilometri tra campi coltivati a perdita d’occhio, vulcani imponenti, paesi e piccole città.
Ad un certo punto lasciamo la strada principale e imbocchiamo quella tortuosa e in salita che ci porta verso le montagne: siamo sulla Ruta de las Flores. Facciamo varie tappe a Sonsonate, Juayua, Apaneca, Ataco. I paesi sono piccoli e i più remoti decisamente poveri ma i loro colori e la loro semplicità ci lasciano suggestioni forti. Intorno a noi le pendici delle montagne sono coltivate a caffè o avvolte da foreste lussureggianti. Arriviamo ad un piccolo lago sperduto tra la vegetazione e ci regaliamo un’ora di cammino per seguirne tutta la circonferenza.
Tra mercati e negozi di artigianato, camminate senza meta per vie e viuzze dei vari paesi la giornata si esaurisce. Torniamo a Juayua dove abbiamo deciso di pernottare. Facciamo base in un bell’hostal dal sapore fricchettone. Gli altri ospiti sono molto friendly, compreso il cane dei proprietari, Edie, che festeggia tutti con grande entusiasmo.. Alla sera ci accontentiamo solo di birra e tacos in un piccolo locale bello e deserto. Per domani abbiamo deciso un trekking, meglio riposare.
9 settembre 2008 – martedì
Ci svegliamo presto come sempre per essere pronti alle 8: ci aspetta un trekking tra le piantagioni di caffè e alla scoperta di sette cascate nascoste tra la foresta. L’idea ci entusiasma e ci sentiamo molto tonici. Provviste di cibo e acqua per la giornata e poi partiamo in gruppo con una guida: con noi Ian, Anna, un ragazzo catalano e due belgi che stanno girando il Centro America in bici. Camminiamo spediti per un po’, arriviamo ad una fattoria che fa da base per la partenza e a noi si uniscono altri tre ragazzi locali in supporto alla guida, muniti di machete e corde…mhhhh, la cosa tanfa…tre cani devastati dalle pulci e dalla malnutrizione decidono di unirsi al nostro gruppo.
Sul sentiero, che si inerpica su e giù per le colline, attraversiamo lussureggianti piantagioni di caffè (i ragazzi ci raccontano nel dettaglio quanto sia duro e sotto pagato questo lavoro…), torrenti (che dobbiamo risalire con i piedi direttamente nell’acqua), passaggi su rocce ripide e purtroppo anche tronchi sospesi a cinque metri da terra che dovremo attraversare solo muniti di corda. Col cavolo! Naturalmente mi viene una crisi isterica e convinco una guida ad accompagnarmi in un percorso alternativo (ndr non che la via alternativa sia rose e fiori: finiamo in una frana di fango e alberi divelti che dobbiamo attraversare con grande difficoltà…). Naturalmente Sigfrido passa il tronco come se nulla fosse, ma porc…
Ad una ad una incontriamo le diverse cascate, bellissime, e arriviamo ad una sorgente che forma una piscina naturale meravigliosa. Ci tuffiamo con grande godimento e refrigerio e poi oziamo un po’ consumando il pranzo al sacco. Naturalmente il mio finisce interamente nelle fauci dei quadrupedi pulciosi. Al ritorno siamo discretamente sfatti e, insieme a Anna e Ian, ci regaliamo un pomeriggio di birre una dietro l’altra e una cena messicana per le strade di Juayua. Olè.
10 settembre 2008 – mercoledì
Oggi si riparte ma ad un’ora umana. Il bus per Sonsonate è alle 10 del mattino e possiamo prepararci con tutta calma. Colazione, zaini in spalla e raggiungiamo a piedi la stazione dei bus insieme ai nostri nuovi amici londinesi che partono oggi per Santa Ana e, come noi, devono raggiungere Sonsonate per prendere la coincidenza. La tratta Juayua-Sonsonate ci regala una serie di siparietti curiosi: praticamente ogni cento metri il bus si ferma e strani personaggi salgono e scendono per vendere dalle caramelle ai farmaci (con tanto di presentazione del prodotto come in una nostra televendita) o semplicemente per fare comizi di vario genere. Surreale.
Arrivati a Sonsonate ci dividiamo da Ian e Anna e prendiamo al volo un bus per San Salvador. Ore e ore di strada e finalmente arriviamo di nuovo nella capitale. Prendiamo alloggio in un orrendo motel (San Carlos) che però ha il vantaggio di essere attaccato al terminal dei Tica Bus a lunga percorrenza che ci porteranno in Nicaragua. Compriamo subito i biglietti e poi decidiamo di fare un giro per il caos della città. Siamo vicini al centro ma sembra di essere in una immensa e scassata periferia. Non riusciamo ad orientarci e per prendere fiato ci infiliamo nel primo locale simil bar che troviamo. Scopriamo, una volta entrati, essere popolato solamente da uomini in cannottiera che stanno guardando una partita della nazionale. Speriamo vinca…
Ci rituffiamo nel casino totale di San Salvador, veramente impressionante, e dopo un veloce tour a piedi ci fiondiamo in un supermercato per comprare del cibo visto che questa sera mangeremo in stanza. Non ci pare igienico vagare di notte per la città senza saper bene dove andare. Rientrati nel tugurio riusciamo a dormire un pò, dalle 17 alle 20, e ci docciamo, Sigfrido si produce in una lotta corpo a corpo con uno scarafaggio grosso come un gatto. Vince SIgfrido per fortuna. Mangiamo i nostri panini e ci mettiamo di nuovo a dormire. La sveglia questa volta è veramente presto: 4.00 del mattino!
Honduras/Nicaragua – America Centrale
11 settembre 2008 – giovedì
Viaggiamo dalle quattro del mattino alle tre del pomeriggio. Partiamo col buio e chilometro dopo chilometro vediamo sorgere il sole e cambiare intorno a noi il paesaggio. In tarda mattinata passiamo il confine con l’Honduras che attraversiamo solo in transito.
Viaggiando via terra da un paese all’altro del Centro America è curioso notare come, se ad un primo sguardo tutto pare molto simile (e per un certo verso lo è), osservando più attentamente saltano agli occhi differenze significative: ad esempio nei diversi materiali con cui sono costruite le case (i tetti soprattutto), nella modalità di coltivazione dei campi, nella qualità delle strade. I nostri occhi registrano. Arriviamo a Leon – Nicaragua – America Centrale – con le chiappe piatte e, dopo una breve ricerca, troviamo alloggio all’hostal Lazy Bones. Bello ma un po’ fighetto: abitato da finti backpacker americani che si sentono molto trendy, nei loro vestiti orrendi (cit. Elio…mah…). Siamo troppo stanchi per cambiare, la stanza è confortevole e chissenefrega. Facciamo subito un breve giro per la città per anbientarci e poi ci resta solo più l’energia per una veloce cena e per il sonno.
12 settembre 2008 – venerdì
Rinfrancati dalla dormita e ristorati da una buona colazione, dalle otto del mattino a mezzogiorno giriamo a piedi tutta Leon. Fa molto caldo e in città si respira un’atmosfera di festa. Ovunque si incontrano parate di studenti che cantano e suonano: sono i giorni nei quali sii celebra l’apertura dell’anno scolastico. Leon è molto bella e colorata: vagabondiamo tra belle piazze e stradine ombrose, fotografiamo cattedrali, chiese, colori e persone. Torniamo all’hostal in attesa di sapere se nel pomeriggio parte una macchina per Granada. Arriva l’ ok, ci caricano con altre tre persone (siamo un po’ stretti, io finisco praticamente nel bagagliaio) e partiamo per la meta successiva. Nonostante la scomodità il viaggio Leon – Managua – Granada ci regala panorami suggestivi: come in quasi tutto il Centro America vulcani sullo sfondo e un tripudio di natura.
Passiamo accanto all’immenso lago di Managua, attraversiamo la capitale nel tardo pomeriggio (tipico e impressionante formicaio da megalopoli cresciuta a dismisura) e arriviamo a Granada che è buio. Troviamo alloggio all’Hostal Dorado di Tio Antonio, un hostal legato alla piccola ma attivissima e meritevole ong fondata da questo eccezionale spagnolo trasferitosi in NIcaragua oramai da molti anni. Le piccole stanze, come quasi sempre da queste parti, si aprono su un patio centrale debordante di fiori e piante tropicali. Amache dondolano qua e là. Ci tuffiamo nel primo tour notturno di Granada alla ricerca di una cena. Ci sediamo all’aperto al Coyote bar a guardare le stelle. L’aria è tiepida, la birra fresca. Perfetto.
13 settembre 2008 – sabato
Giornata tranquilla. Sigfrido si alza prestissimo per un tour fotografico alla luce dell’alba. Al suo ritorno, dopo colazione, ricominciamo a girare per la città, per le sue strade e le sue piazze, saliamo in cima ad un campanile che ci regala una vista meravigliosa, arriviamo fino al lago. Al ritorno in hostal facciamo una bella e lunga chiacchierata con Tio Antonio sulle sue attività onlus in Nicaragua, poi riposo e poi altra cena, sempre al Coyote Bar. Clienti affezionati.
14 settembre 2008 – domenica
Oggi è domenica e l’aria di festa si sente per tutta la città. Al mattino ritorniamo a piedi fino al lago e, come promesso il giorno precedente ad uno dei tanti capitani di barchette, ci facciamo portare in giro sul lago per Las Isletas. Alcune, poche, sono ancora allo stato selvaggio, abitate da uccelli e scimmie ma la maggior parte sono purtroppo private con ville da sogno di ricchi locali e/o occidentali. Molte sono addirittura in vendita. L’isoletta intera. si intende. Il luogo è bellissimo ma la colonizzazione umana lo sta velocemente rovinando e la visita ci lascia un po’ delusi. Il pomeriggio è fatto di puro descanso fino all’ora di cena. Domani si riparte.
15 settembre 2008 – lunedì
Partenza alle 6 del mattino, zaini in spalla alla ricerca dellla stazione dei bus per Rivas. Camminando qua e là finiamo nel bel mezzo di un mercato che esplode di merci e persone di ogni genere confermando ai nostri occhi che appena dietro le vie centrali e turistiche di Granada brulica un mondo di povertà assoluta in fermento. Dopo qualche ora di bus arriviamo a RIvas e con un taxi raggiungiamo Porto San Jorge da dove partono i ferry per la meravigliosa isola di Ometepe. Il piccolo porto di partenza è un delirio di auto, camion, carri, persone, merci. Ci facciamo largo e riusciamo a conquistare il traghetto. Il cielo è carico di nuvole, il lago, grande come un mare, è scuro e agitato. A bordo conosciamo Leonardo e Alba (di Barcellona) e, arrivati ad Ometepe, insieme a loro contrattiamo un buon prezzo per un taxi-shuttle che, oltre a portarci dall’altra parte dell’isola dove abbiamo deciso di pernottare, ci “ottimizzi” la giornata facendoci contemporaneamente fare un tour.
Il driver Adolfo (molto gentile e simpatico) ci porta a Punta Jesu Maria, a mangiare in una fantastica bettola tra gatti e galline a Los Angeles (!), a Hojo de Agua (piscine naturali) a Playa Santo Domingo. Lungo il tragitto ammiriamo da più scorci i meravigliosi vulcani Conception e Maderas. L’isola è bellissima, selvaggia e rigogliosa. Arriviamo a Merida e troviamo alloggio alla Hacienda Merida, un hostal in riva al lago sperduto nel nulla tra la foresta . Le nostre due belle stanze con il patio sono al primo piano, fornite di amache giganti da sogno. Doccia, cena a buffet e poi a dormire. Per domani abbiamo deciso di fare un trekking alle cascate. Non sembra troppo difficile e impegnativo…
16 settembre 2008 – martedì
Le ultime parole famose… Il trekking per le cascate si rivela essere un percorso di circa dodici chilometri (io ho pure quel simpatico periodo mensile femminile…). Già da subito il caldo è pazzesco: percorriamo inizialmente uno stradone sterrato che pare non finire mai, poi incominciamo ad inerpicarci per un sentiero tra la foresta, poi arriviamo a dover scalare le rocce nel greto del torrente. Arrivati alle cascate non possiamo, nonostante la fatica, non ammettere che sono bellissime nonostante il paesaggio sia stato devastato da una frana provocata dalle piogge. Sono tra le più alte che abbiamo mai visto nei nostri vari viaggi. Gli ultimi cinquecento metri io proprio non riesco a farli. Mentre gli altri raggiungono la base della cascata mi godo il meraviglioso paesaggio lunare che ci circonda. Il ritorno è davvero faticoso.
Anche perché (mi scuso per la franchezza) l’assorbente oltre a fare il suo mestiere ha assorbito pure i litri di sudore spesi nella salita ed io cammino praticamente con un topo morto inzuppato di due chili tra le gambe. SIgfrido cavallerescamente cede a me l’ultimo goccio d’acqua rimasto rischiando lui la disidratazione. Con grande fatica raggiungiamo nuovamente lo stradone sterrato e, camminando come profughi, ci fermiamo a bere al primo baraccotto che incontriamo sulla via di casa. Un posto poverissimo con polli che razzolano sotto le panche e bambini che giocano a pallone in mezzo al fango. A noi pare l’Harry’s Bar. Alla sera siamo veramente distrutti. La doccia ci rinfranca e ci gustiamo la cena sotto un diluvio quasi universale chiacchierando con una coppia inglese che vive in giro per mondo. I vulcani sopra le nostre teste sonnecchiano minacciosi.
Costarica – America Centrale
17 settembre 2008 – mercoledì
Tanto per cambiare oggi la sveglia è alle 4 del mattino: sempre con Alba e Leonardo ci imbarchiamo sullo shuttle di Adolfo per raggiungere San Josè da dove parte la lancia per San Jorge. Un’ora circa di traversata del lago ed eccoci di nuovo a RIvas. Salutiamo velocemente i simpatici barcellonesi che devono saltare al volo sul loro bus. Noi prendiamo un’altra direzione: verso sud. Con un taxi ci facciamo portare da Rivas fino alla frontiera con il Costarica – America Centrale – (Penas Blancas), per prendere un bus per San Josè. Nel bordello della frontiera rischiamo di non fare il visto (meno male che un po’ di esperienza ce l’abbiamo…). Infatti dopo neppure un’ora di viaggio due occidentali meno smaliziati vengono scaricati dalla polizia ad un posto di controllo sperso nel nulla. Poveracci….Alla fermata successiva (sempre nel nulla, sempre per un controllo di polizia) un venditore promuove a squarciagola la sua offerta del giorno: con una bibita due pacchetti di patatine…desfruta la promocion!!!
La tratta da percorrere prevede un tempo di tre ore e mezza e naturalmente ce ne mettiamo 7 e mezza! Arriviamo a San Josè sotto una pioggia fine e insistente. Alloggiamo a Mi Casa. Doccia (inutile visto il tasso di umidità) e poi di nuovo per strada alla ricerca di un supermercato per comprare la cena da cucinarci noi all’hostal (la zona è periferica e non ci sono posti per mangiare; di notte la città non è così sicura…). Con internet ci compriamo i ticket aerei per il Tortuguero per il giorno successivo. Fumiamo un’ultima sigaretta sotto la veranda guardando le tartarughe che sguazzano nel giardino trasformato in una palude dalla pioggia incessante. Ci ritiriamo in stanza, la giornata è stata piena.
18 settembre 2008 – giovedì
Alle 5.30 del mattino con l’ennesimo taxi raggiungiamo l’aeroporto: ci aspetta un volo Nature Air per il Tortuguero. Naturalmente l’aereo è minuscolo e voliamo tra pioggia, nuvoloni e folate di vento inquietanti. Riesco a non terrorizzarmi perché il panorama sotto di noi è meraviglioso: foreste tropicali fittissime disegnate da fiumi che si insinuano nel verde come giganteschi serpenti. Sullo sfondo l’Oceano. Un sogno ad occhi aperti. Atterriamo a Barra del Colorado e prendiamo un water taxi per raggiungere il Tortuguero. Navighiamo per più di un’ora sul fiume in mezzo alla foresta sotto un diluvio da fine del mondo, un vero muro d’acqua. Direttamente dal fiume attracchiamo all’ hostal Casa Marbella e troviamo alloggio per i prossimi giorni.
Ci laviamo e ci riposiamo. Siamo zuppi come due savoiardi nel tiramisù ma nulla si asciuga, noi compresi: il tasso di umidità è fuori norma. Dopo un pomeriggio di riposo e di passeggiate per il piccolo villaggio alle 21.30 partiamo per il giro notturno con le guide del parco per vedere le grandi tartarughe marine (tartarughe verdi giganti) che arrivano qui al Tortuguero per deporre le loro uova. L’esperienza è unica al mondo. Camminiamo in gruppo per un sentiero sabbioso parallelo alll’ oceano, illuminati solo dalle nostre pile.
Lungo il percorso sono segnate diverse entrate numerate per la spiaggia e le guide sono in contatto radio con gli spotters (locali che da cacciatori di tartarughe hanno convertito la loro esperienza a tutela della natura) che segnalano la presenza o meno delle tartarughe. Solo a piccoli gruppi guidati e solo nel buio più totale si può accedere. Si cammina avanti e indietro lungo questo sentiero e si aspetta la chiamata dello spotter. Per tre volte riusciamo ad inoltrarci sulla spiaggia ed abbiamo la fortuna e l’onore di poter vedere questi giganti del mare che scavano con immane fatica il loro nido, che depongono in una specie di trance le loro uova così preziose.
Accucciati in silenzio attorno alla buca, al buio, aiutati solo da luci ad infrarosso, contempliamo ammaliati questo meraviglioso ed enorme animale preistorico che, sbuffando come un mantice, depone ad una ad una le sue speranze di vita. Nelle nostre brevi incursioni riusciamo ad assistere allo spettacolo meraviglioso di un piccolo e di una mater tartaruga che ritornano con fatica tra le onde dell’oceano e si fanno inghiottire dal mare. Tutto nel buio più assoluto, tutto nel silenzio, tutto sotto un cielo scuro e minaccioso punteggiato di stelle scintillanti. Tutto accompagnati dal suono cupo e profondo delle onde. Nessuna foto (giustamente proibito), tanto nulla potrebbe rendere l’emozione. Resterà solo nel nostro ricordo, per sempre.
19 settembre 2008 – venerdì
Dopo una buona colazione partiamo alle 6.30 per un giro in barca sui fiumi che si insinuano nella foresta del parco nazionale che ci circonda. Piove, naturalmente, ma il tour è bellissimo: la vegetazione è una specie di intrico inespugnabile e lungo il tragitto incontriamo iguane, uccelli di decine di tipi diversi, coccodrilli e scimmie. Alle 9.00 siamo di ritorno e alle 9.45 ripartiamo per un giiro a piedi attraverso la foresta accompagnati da un simpatico botanico canadese di nome Ross.
Il trekking è molto interessante e scopriamo grazie a Ross come le piante, nella loro varietà e diversità, possono e sanno essere altrettanto interessanti degli animali.
Camminiamo per ore tra alberi che “camminano”, liane del diametro di mezzo metro, alberi dal nome sconosciuto, formiche velenose, serpenti altrettanto, pipistrelli, fiori colorati, e tanto fango. Al ritorno optiamo per un pomeriggio di riposo e cazzeggio al Budda Cafè e ceniamo, unici avventori, in un ristorante deserto affacciato sull’oceano. Un gatto super affettuoso e sbaciucchione si unisce al nostro tavolo e, tra vento e diluvio, facciamo arrivare l’ora di andare a dormire.
20 settembre 2008 – sabato
Le urla delle screaming monkeys (scimmie urlatrici) ci salutano fin dal mattino. Addio Tortuguero: partiamo in barca alle 10 destinazione Moin ( tre ore e mezza sul fiume sotto una pioggia incessante e senza copertura tranne le noster mantelle!). A metà della foresta ci fermiamo per la pausa pranzo in un “ristorante” che sbuca surrealmente nel bel mezzo della foresta. All’ arrivo a Moin troviamo un taxi per Limon e proseguiamo per Cahuita, dove abbiamo deciso di fare base. Dopo una breve ricerca troviamo alloggio in un hostal sul mare e, scaricati i pesanti zaini dalle spalle, vaghiamo a zonzo per il paesino. L’atmosfera è molto tranquilla e fricchettona, ci stiamo come papi.
21 settembre 2008 – domenica
Oramai ci svegliamo all’alba anche senza motivo. Oggi avremmo potuto dormire, e invece… Ci regaliamo una ricca colazione in “paese” e poi camminiamo senza meta, arrivando a piedi fino a Playa Negra per un bagno ristoratore. Fa molto caldo e nel primo pomeriggio Il tempo volge al brutto. Torniamo all’hostal e ci piazziamo nelle amache dondolanti sul balcone vista mare. E chi può volere di più? Riposo, riposo e poi ancora riposo e poi birra-aperitivo in paese, che diventa cena. Quattro chiacchiere con due ragazzi inglesi al nostro tavolo e poi birre e birre e ancora birre. Stasera abbiamo esagerato. Torniamo all’hostal un po’ brilli e crolliamo nel letto.
Panama – America Centrale
22 settembre 2008 – lunedì
Ci svegliamo presto per essere alle 6.30 alla stazione dei bus e alle 7.00 prendiamo il bus…sbagliato (direzione Limon – Tortuguero invece che Sixaola!). Scendiamo al volo e ci piazziamo sul ciglio della strada ad aspettarne un altro nella direzione opposta, quella giusta questa volta. Dopo un’ora riacchiappiamo un mezzo di trasporto, quello bbuono, ripassiamo da Cahuita (di nuovo qui?), poi finalmente ripartiamo verso Bri Bri, Puerto Viejo, Sixaola fino ad arrivare al confine tra Costarica e Panama – America Centrale. Le pratiche per i visti sono lunghe e faticose come sempre con gli zaini in spalla sotto un sole cocente, sbattuti qua e là a compilare moduli su moduli che finiranno immediatamente nel cestino.
Attraversiamo la frontiera a piedi camminando su un lungo ponte ferroviario di metallo: bellissimo! Ci compattiamo (stipati come polli) insieme ad altri viaggaitori su uno shuttle che ci porterà fino ad Almirante da dove partono le barche per le isole diell’arcipelago di Bocas del Toro. Sbarchiamo a Isla Colon e, visto il caldo e la fatica, ci piazziamo immediatamente in un bar retaurant sul mare per una birra fresca corroborante e poi partiamo alla ricerca dell’hostal per la notte. Siamo talmente stanchi che decidiamo di regalarci una stanza all’ Hotel Olas (58 dollari a notte per la doppia, fuori budget per noi) con tanto di aria condizionata e pappagallo caciarone alla reception. I gestori sono un po’ antipatici e puzzoni ma pazienza. Descanso, ripulitura delle membra e cena. Domani si vedrà.
23 settembre 2008 – martedì
Ci gustiamo ancora la ricca colazione all’hostal dei ricchi e poi decidiamo di trasferirci all’Hotel Dos Palmas da 30 dollari, proprio accanto al precedente. E’ decisamente più del nostro genere, semplice ma altrettanto pulito e con una matrona locale alla reception che pare un misto tra Ella Fitzgerald e Tyson. Che differenza fa il poco-finto lusso in più? Tutti gli hostal sull’isola sono costruiti come palafitte sul mare, con le medesime onde che sciabordano sotto il pavimento e le medesime stelle da ammirare nel cielo la notte. Qui ci piace di più. Giriamo per un po’ a piedi in paese e poi prendiamo un bus per Bocas del Drago e Playa de Las Estrellas.
Attraversiamo l’interno dell’isola, un verde fitto di foresta e piccole casupole di contadini perse nel nulla. Scendiamo alla spiaggia di Bocas del Drago, deserta, e ci incamminiamo a piedi lungo la riva del mare turchese. Più o meno ogni cento passi ci fermiamo per tuffarci in acqua, circondati da decine di stelle marine giganti. La giornata scorre mollemente tra bagni, cazzeggio e caldo allucinante. Ritorno e cena al ristorante italiano Barracuda, con una gestrice italiana scappata dal nostro paese chissà quanto tempo fa. Mica male come idea….
24 settembre 2008 – mercoledì
Oggi ci avventuriamo in un tour alla Baia dei delfini (belli, ma più sugggestivo l’incontro oramai lontano che abbiamo avuto in Belize), Coral Cay, Playas Ranas Rojas, Hospedaje Bay. Navighiamo e sbarchiamo qua e là e nel tragitto facciamo amicizia con una signora svizzera in pensione molto simpatica che si è trasferita da poco in Costarica e si sta facendo una vacanza a Panama. In questi paesi del centroamerica non è infrequente incontrare pensionati europei o americani che hanno deciso di vivere qui. Ci sono incentivi incredibili e con le nostre pensioni, per chi ancora ce l’ha, qui si puo vivere bene. Nella pausa alla Playas Ranas Rojas oltre a vedere le piccole e sgargianti ranocchie purpuree abiamo anche la fortuna di incontrare e poter immortalare (vedi sezione immagini) il bellissimo bradipo che qui chiamano orso peresoso. Molto, molto buffo. E veramente molto, molto lento. Al rItorno serata tranquilla, di cibo e di birre. Nulla da segnalare.
25 settembre 2008 – giovedì
Oggi abbiamo una giornata senza piani per cui gironzoliamo qua e là mollemente e senza meta. Ma la febbre del Che fare? ci assale. Senza troppo pensare prendiamo una lancia per l’ isola di fronte alla nosttra, Isla Bastimentos, e facciamo un trekking improvvisato a piedi attraversando prima il paese, poi lungo la costa (purtroppo piena di monnezza) e poi fino alla cima dell’isola, per poi scendere dalla parte opposta sul mare. E che mare! Ci aspetta una spiaggia immensa e magnifica praticamente deserta. Dopo un primo tuffo che ci salva dal sole, caldissimo, troviamo un cocco abbandonato sulla sabbia e, non senza una certa fatica, ce lo pappiamo in tutta la sua bontà. Le ore si snodano lente tra bagni e tuffi e bagni e sigarette e bagni e sole.
Dall’intrico di verde alle nostre spalle spunta (naturalmente, visto che ci sono io) un cane straccio che ci guarda interrogativo. Naturalmente tutta la poca acqua che abbiamo e i biscotti che dovrebbero essere il nostro pranzo sono per lui. Quando il sole accenna a mollare partiamo per la camminata di ritorno. Attraversiamo nuovamente l’isola raggiungendone la cima, scendiamo sulla costa opposta, facciamo una pausa birra-cibo in un bel “restaurant” sul mare e poi aspettiamo la prima lancia che passa in direzione Isla Colon. Banalmente doccia, realx, birre, cena. W la banalità.
26 settembre 2008 – venerdì
Al mattino ricostruiamo gli zaini e ci piazziamo in attesa sul campo di patate che dovrebbe essere l’aeroporto. Alla fine arriva pure il nostro “aereo” che per fortuna decolla in direzione Panama City, e ci arriva pure!
Abbiamo prenotato via internet un albergo in una zona un po’ defilata della città per non finire nel casino e lo raggiungiamo con una certa difficoltà (del taxista). La zona è quella delle ex caserme americane e pare di alloggiare in un campus. Mah…. Ci piazziamo, ci docciamo e poi con un altro taxi ci facciamo portare nella zona del Casco Viejo, la vecchia Panama City. La città è molto bella e mescola senza pietà grattacieli modernissimi e palazzi diroccati. Sulla riva del mare, in pieno Casco Viejo, contempliamo turbati le rovine della vecchia palazzina che ha ospitato l’ultima trincea del delirante Noriega. Camminiamo e fotografiamo sul lungomare, compriamo un panama per Baba, ceniamo e torniamo alla base. Americana.
27 settembre 2008 – sabato
Decidiamo di riempire l’ultimo giorno con un tour per Panama e dintorni accordandoci con un taxista che per un forfait in dollari ci scarrozza per tutto il giorno.
Visitiamo le rovine della città vecchia, il mirador, il porto, il centro super moderno, ancora il Casco Viejo e ci regaliamo un tour completo al Canale di Panama con tanto di museo (su quattro livelli, molto bello) e vista live del transito barche sul canale. Esausto, il nostro amico taxista ci riporta in albergo ma noi non siamo ancora sazi. Per conto nostro torniamo al Casco Viejo per cenare (una cena cara ma buonissima!) e poi, tornati in hotel, aspettiamo che si faccia l’ora di partire. Purtroppo ci siamo. Come da accordi ritorna la nostra guida-taxista del pomeriggio e ci porta all’aeroporto. La vacanza volge al termine e infatti cominciano le prime sfighe. Si parte con due ore di ritardo. L’aereo ha dovuto…cambiare le gomme!!! Mesti e rassegnati vaghiamo per l’aeroporto, poi arriva l’ora dell’imbarco.
28 settembre 2008 – domenica
Dopo una nottata di volo transoceanico arriviamo puntualmente in ritardo a Madrid, come puntualmente in ritardo siamo partiti. Tentiamo, non troppo convinti, una corsa per prendere il nostro volo per Torino ma è perso. Ci cambiano i biglietti per un altro volo due ore dopo e parte il cazzeggio aeroportuale tra sigarette (per fortuna ci sono le aree fumatori) e bar. Arriva l’ora di partire, ci imbarchiamo, decolliamo e l’aereo, per un guasto, torna indietro. Merda. Dopo un’altra ora e più ripartiamo e arriviamo a Torino a mezzanotte. (NdR Sig per tutto il volo è assillato da un ragazzo terrorizzato e dall’alito infernale che gli chiede rassicurazione, io rido sotto i baffi che non ho facendo la settimana enigmistica…). Ma, Pa, Giulia e Gabri ci aspettano da ore, poverini, nel triste aeroporto torinese dove ha chiuso da tempo anche l’ultimo bar! Caselle è deserta ma, naturalmente, alla dogana poliziotti ci smontano gli zaini. Poveri loro, non sanno delle mutande radioattive e dei calzini-bomba intelligente. Si fanno i colpi di sole gratuitamente, ci cazziano per le troppe stecche di sigarette (ma fatela finita…) e ci lasciano andare. Usciamo: abbracciamo gli eroici amati parenti che ci sono venuti a raccattare anche questa volta. Noi siamo ancora in sandali e fuori spadroneggia l’autunno europeo. Mamma che freddo!!!
ITINERARIO
26 agosto 2008 – volo Iberia – Torino – Madrid – Guatemala City – ad Antigua con il bus
27 agosto 2008 – in giro per Antigua
28 agosto 2008 – trekking sul vulcano Pacaya
29 agosto 2008 – da Antigua al lago Atitlan – Panajachel – sul lago Atitlan in barca
30 agosto 2008 – da Panajachel a Guatemala City in bus – a Flores in aereo
31 agosto 2008 – da Flores a Tikal in bus – trekking tra le rovine di Tikal – ritorno a Flores in bus
1 settembre 2008 – da Flores a Belize City in bus – all’isola di Caye Caluker in barca
2 settembre 2008 – in barca – snorkelling attorno a Caye Caulker e all’isola di San Pedro
3 settembre 2008 – in barca – tour al Blue Hole e alle isole del parco marino
4 settembre 2008 – da Caye Caulker a Belize City in barca – a San Salvador – El Salvador – in aereo
5 settembre 2008 – da San Salvador a Suchitoto in bus – in giro per Suchitoto
6 settembre 2008 – trekking intorno a Suchitoto – Parco Nazionale – sentieri della guerriglia – Cinquera
7 settembre 2008 – in giro per Suchitoto
8 settembre 2008 – da Suchitoto verso la Ruta de las Flores in auto: Sonsonate, Apaneca, Ataco, Juayua
9 settembre 2008 – trekking intorno a Juayua – piantagioni di caffè – foreste – cascate
10 settembre 2008 – da Juayua a Sonsonate – San Salvador in bus
11 settembre 2008 – da San Salvador a Leon, Nicaragua attraversando l’ Honduras
12 settembre 2008 – in giro per Leon – nel pomeriggio da Leon a Granada in bus
13 settembre 2008 – in giro per Granada
14 settembre 2008 – in giro per Granada – tour a Las Isletas in barca
15 settembre 2008 – da Granada a Rivas – San Jorge in bus – da san Jorge all’isola di Ometepe in barca – tour di Ometepe in bus
16 settembre 2008 – trekking intorno ad Ometepe – foreste e cascate
17 settembre 2008 – da Ometepe a San Jorge in barca – da San Jorge a Rivas – Pena Planca (frontiera con il Costarica ) in auto – dalla frontiera a San Josè in bus
18 settembre 2008 – da San Josè a Barra del Colorado in aereo – al Tortuguero in barca – notte sulla spiaggia a vedere le Tartarughe verdi giganti che spiaggiano per deporre le uova
19 settembre 2008 – in giro per il Tortuguero National Park in barca e trekking nella foresta
20 settembre 2008 – dal Tortuguero a Moin in barca – a Limon – Cahuita in bus
21 settembre 2008 – in giro per Cahuita
22 settembre 2008 – da Cahuita a Bri Bri, Puerto Viejo, Sixaola -fino alla frontiera con Panama in bus – ad Almirante in taxi – a Bocas del Toro in barca
23 settembre 2008 – in giro per Bocas del Toro – Bocas del Drago – Playa de Las Estrellas
24 settembre 2008 – in giro per Bocas del Toro – Coral Cay – Playas Ranas Rojas – Hospedaje Bay
25 settembre 2008 – in giro per Bocas del Toro – a Isla Bastimentos in barca – trekking attraverso Isla Bastimentos
26 settembre 2008 – da Bocas del Toro a Panama City in aereo – in giro per Panama CIty
27 settembre 2008 – in giro per Panama City – volo serale per Madrid
28 september 2008 – da Madrid a Torino
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